sabato 31 dicembre 2016

Bene e Male


"Viviamo in una società ancora suddivisa in caste, ognuna con proprie regole e con proprie valutazioni morali.

Una classe dominante e una classe dominata, conformista e ampiamente disposta a difendere pubblicamente il proprio padrone, per poi mostrarsi delusa nelle confessioni private. La classe dominata si rifiuta di reagire alla classe dominante, anzi spesso la sostiene con istintive e contagiose alleanze, invocando soluzioni drastiche nei confronti nel proprio rinnovato nemico. La classe dominante è, per sua natura e per atteggiamenti, infinitamente debitrice verso quella dominata. Invertendo l’ordine naturale delle cose, il dominato pretende ed accetta con carattere disinvolto di essere da questa persino punito, pensando che non riguarderà mai se stesso, ma gli altri. Il debitore che punisce il creditore genera, tra l’altro, una sempre più mediocre conflittualità umana che amplia la dimensione delle schiavitù vecchie e nuove. Eppure, un’altra via è possibile e doverosa: essere più fecondi; cercare più nobili ragioni che giustifichino la funzione dell’individuo e del suo fondamentale ruolo nel processo di evoluzione attivo, razionale e istintivo.

Chi domina apprezza la vita e condiziona quella dei dominati che, invece, tendono a disprezzarla. Chi domina impone la propria discutibile morale, trovando sempre nuove servili convergenze tra coloro che vivono culturalmente la complessità della ribellione democratica e cognitiva. Questo anche in virtù del fatto che i rappresentati (o chi aspira a diventarlo) della classe dominata non sono credibili. Anzi sono spesso un evidente maggior danno. Ampiamente e comunque schiavi di qualcuno o di qualcosa.

Però, è quando tutto sembra perduto che occorre trovare la serenità di riaprire il gioco, altrimenti destinato ad alimentare il male assoluto della confusione e del qualunquismo.
Alla tendenza dispotica di affermare in maniera sempre più esplicita l’interesse puramente elettorale e di potere della classe dominante e dei rappresentanti (o aspiranti tali) della classe dominata, bisogna contrapporre una forza propulsiva che riporti la libertà nella comunità considerata".


martedì 20 dicembre 2016

Bilancio partecipativo. Dopo quattro anni un’altra promessa disattesa


Sono trascorsi quasi quattro anni dall’insediamento dell’attuale maggioranza. Due dei limiti di questa esperienza amministrativa sono l’assenza di confronto e di scelte strategiche che esprimono, nel bilancio comunale, una visione aleatoria. Bilanci esclusivamente tecnici, imposti e sempre in forte ritardo, con pesanti ripercussioni socioeconomiche. Disattesa anche la promessa di coinvolgere i cittadini e le loro organizzazioni sociali. 

Il bilancio preventivo di un Comune non è solo un documento contabile, ma lo strumento per realizzare un progetto di governo. Esso esprime lo spirito, la volontà e la capacità di rispondere al miglioramento della vivibilità, sicurezza, sviluppo e crescita socioeconomica. Anticipare i bisogni latenti, spiegare cosa non può essere soddisfatto e perché, sarebbe una novità rilevante. L’attuale maggioranza rappresenta, legittimamente, molto meno di un quinto dei votanti e meno di un decimo degli aventi diritto al voto. Il dovere di chi governa è, comunque, quello di coinvolgere i cittadini nelle scelte che influenzano la loro vita, mettendo a loro disposizione gli strumenti di programmazione. Non per sostituirsi a chi governa, ma per dare senso alla comunità, facendo sistema. Bisogna attuare il “bilancio partecipativo” promesso in campagna elettorale, per consentire ai cittadini di proporre e scegliere, condividendo metodi ed obiettivi riguardanti le politiche sociali come quelle sugli investimenti strutturali; lo sviluppo urbanistico, della mobilità, cultura, sport, ambiente e crescita economica. Una grande opportunità per la Giunta; per rompere con il passato infruttuoso; per colmare le evidenti e umane lacune, per uscire dalla subalternità al sistema. Oltre che partecipato, il bilancio, deve essere trasparente. Non basta rendere pubblico il consuntivo, occorre che sia progressivamente chiaro a tutti. Bisogna scomporre le voci che, così come appaiono, non dicono nulla. Occorre entrare nel merito di tutte le componenti di spesa, analizzandone gli effetti. Il cittadino deve sapere dove finiscono i soldi che mette a disposizione con i propri sacrifici. Chi governa deve garantire la tracciabilità delle risorse e dei costi per dimostrare che esiste un controllo delle spese, delle entrate e dello stato di avanzamento degli investimenti. 

Abbiamo ripetutamente invitato la giunta a guardare oltre. Ad agire in ragione della nobiltà del ruolo che è stata chiamata ad assolvere. Ad avviare una rivoluzione che non può essere anagrafica e simbolica, ma progettuale, etica. Il vero cambiamento è nelle scelte politiche; nella capacità di mettere l’individuo e la sua dignità al centro dell’azione di governo. Assemini non necessita di un cambiamento mediatico, ma sostanziale.

giovedì 15 dicembre 2016

Mala politica. Stangata IMU ad Assemini


Il Comune di Assemini continua a partecipare all’infruttuoso esproprio ai danni dei contribuenti. Alla stangata IMU (Imposta Municipale Unica) deliberata nel 2013 dalla giunta in carica, si sommano gli effetti negativi dell’adozione definitiva di un Piano urbanistico, privato di ogni prospettiva di sviluppo. L’ennesimo caso di mala politica.

I più colpiti sono i pensionati, precari, disoccupati e le imprese. Proprietari di un immobile diverso dalla prima casa. Una imposta già di per sé abominevole perché colpisce ulteriormente i sacrifici privati; iniqua perché grava su una ricchezza che non sempre coincide con la reale disponibilità di reddito. La scelta fatta dall’amministrazione comunale pentastellata di aumentare nel 2013 l’aliquota, si somma all’aggravio prodotto dalla rivalutazione catastale e dalla recente adozione definitiva del PUC che ha ampliato i destinatari dell’imposta senza produrre occasioni di crescita e sviluppo. Un mix dirompente. Nonostante nel 2015 sia stata registrata una riduzione del prelievo statale pari al 15,81% per un importo pari a circa 360 mila euro, l’amministrazione comunale non ha provveduto a rimodulare l’aliquota. Questo in un contesto dove mancano totalmente le politiche economiche, l’edilizia è ferma, le aziende chiudono, crescono gli immobili sfitti e invenduti. Dove possedere un immobile non significa oggettivamente e conseguentemente essere ricchi o benestanti. In una Città la cui classe dirigente, contestualmente agli aumenti, ha bocciato in Consiglio comunale la proposta di taglio delle indennità promesse in campagna elettorale; che in quasi quattro anni ha prodotto meno atti amministrativi di tutte le giunte che la hanno preceduta, nonostante sia in carica un anno oltre la media; che al pari di altre esperienze amministrative, dopo quattro anni di governo, non ha raggiunto gli obiettivi del proprio programma elettorale; che confonde costantemente l’informazione con la partecipazione e la trasparenza pur rappresentando, legittimamente, una risicata minoranza degli aventi diritto al voto. 

Assemini soffre drammi da primato: disoccupazione, famiglie in stato di indigenza, sviluppo compromesso da gravi ritardi infrastrutturali e da un inquinamento che causa un numero da record di ammalati. Una città su cui grava uno dei più bassi tassi di formazione e che continua a dissipare risorse senza investire in sviluppo, sicurezza e vivibilità. Una città trascurata, confusa e paralizzata, la cui principale evasione continua ad essere quella politica.


mercoledì 7 dicembre 2016

Crisi socioeconomica. Dopo quattro anni nessuna risposta



I cittadini chiedono soluzioni ai loro problemi. Sicurezza, vivibilità e lavoro sono aspetti fondamentali che devono trovare risposte reattive e strutturali da parte di chi è stato chiamato ad amministrare ad ogni livello. L’Amministrazione comunale di Assemini ha il dovere politico, costituzionale e normativo di investire in bellezza e promuovere un’articolata strategia di crescita. Come gli accordi di cooperazione con altre città sarde, italiane ed europee per creare nuovi redditi e arginare gli effetti drammatici della crisi.  
La povertà economica produce crescente malessere sociale, essa va affrontata e non subita. Accanto al bisogno di affermare l’identificazione della città, occorre sostenere il consolidamento, la riorganizzazione e la formazione della base economica nonché di nuove opportunità. È necessario individuare mercati di sbocco in cui collocare le produzioni che non trovano risposta nel mercato interno. Specie le grandi città europee e italiane concentrano la maggior parte della creazione di valore. Generano ricchezza, dinamiche di sviluppo, occupazione e sono anche luoghi di interscambio culturale. Vanno individuate città strategiche e promossi gli accordi al fine di favorire nuove forme di scambio. Occorre uscire dalla chiusura e dall’immobilismo, investendo in azioni strutturali che siano economicamente vantaggiose, come la promozione economica internazionale, l'imprenditoria e la creazione di imprese nel nostro territorio, la gastronomia, agroalimentare, turismo, sport e cultura.  
L’attuale amministrazione governa da quasi quattro anni, contro i due anni e mezzo medi delle giunte precedenti. È tempo di bilanci e di passare ai fatti. I cittadini pagano le tasse per avere un’amministrazione che funzioni nel pieno rispetto dei propri compiti.