martedì 31 gennaio 2017

Abbandonati nel buio. Anche questo è colpa dei cittadini?

Assemini, via Marconi (uno dei quartieri al buio)

Ad Assemini sembra spegnersi anche l’ultimo barlume di luce. Interi quartieri costantemente al buio mettono a rischio l’incolumità delle persone. Inutile persino denunciare il grave disservizio: l’amministrazione comunale non assolve ai propri doveri. Invitiamo il Sindaco a dare senso al suo ruolo e alle crescenti imposte che i cittadini pagano. 

È da tre anni che questo disservizio va avanti senza evidente soluzione. Interi quartieri al buio, anche per settimane e persino mesi. Inutili le lamentele dei residenti: l’amministrazione comunale non risponde e non si adopera per trovare le dovute soluzioni. Intanto, i cittadini mettono a repentaglio la propria incolumità, tra auto e voragini. Il Sindaco dica chiaramente se è in grado di risolvere il problema, oppure se dobbiamo dotarci di una torcia o di casco da minatore. Basta essere chiari.

I cittadini pagano un servizio e  chi di dovere ha l’obbligo di assicurarne la corretta erogazione. Non trattandosi di casi sporadici, auspichiamo che almeno nell’ordinaria amministrazione possa profilarsi un salto di qualità. 


sabato 28 gennaio 2017

Il Sindaco seppellisce la partecipazione

Palazzo municipale di Assemini (CA)

È trascorso un anno e due mesi da quando il Comitato Civico “ViviAssemini” propose di istituire una “Consulta delle associazioni e del volontariato”, finalizzata a coinvolgere le forze costruttive asseminesi. Il Sindaco si dichiarò disponibile e pronto a dare corpo e anima alla proposta. L’ennesimo impegno caduto nel vuoto delle contraddizioni che purtroppo caratterizzano anche il suo mandato. 
La cittadinanza attiva doveva rappresentare la chiave di volta di una rivoluzione amministrativa, invece tutto prosegue in linea di continuità con la politica di chiusura del passato più recente. Una forza giovane invecchiata dagli evidenti errori della sua classe dirigente. Consapevole che non esiste un’alternativa, si limita a festeggiare atti di ordinaria amministrazione come se fossero eventi eroici. Questa è la dimostrazione che il cambiamento non può essere solo generazionale, ma culturale. Intanto, l’ indirizzo politico incentrato sulla decrescita, continua a lasciare ampi margini di manovra all’apparato tecnico che rappresenta cuore e testa amministrativa. Assemini è priva di prospettive di buon governo, perciò la maggioranza dimostra di essere timida nel relazionarsi con le forze sociali indipendenti dai partiti e movimenti per approfondire strategie sulle necessarie direttrici di sviluppo. Forze che ringraziamo per essersi rese disponibili senza tentennamenti a costruire attivamente la Consulta. Non abbiamo mai avuto l’ambizione di sostituirci alla maggioranza, nemmeno alle Commissioni consiliari. Tanto che abbiamo chiesto che venisse istituzionalizzata (se avessimo voluto usare la Consulta come strumento autoreferenziale o di potere, l’avremmo costituita privatamente e imposta). Non abbiamo nemmeno voluto costruire un percorso elettoralistico, non ci interessa. Il nostro intendimento era e rimane quello di adoperarci per costruire fattivamente una città più prospera e unita, gratuitamente e senza poltrone. Perché Assemini è anche nostra e dei nostri figli. 

Visto l’irrispettoso silenzio, nonostante le numerose sollecitazioni, non ci rimane che esprimere il nostro dispiacere, auspicando un futuro più prospero. 


lunedì 23 gennaio 2017

Il Comune continua a sprecare risorse, venda il patrimonio inutile

Barriere architettoniche da abbattere 

Gran parte del patrimonio comunale non assicura servizi, ma rappresenta solo un costo sociale destinato a crescere. Il Comune non esiti ad alienare ciò che non è strettamente attinente alla sua funzione e investa il ricavato per rendere efficiente ciò che è di interesse pubblico. 
Il Comune di Assemini è proprietario di un vasto e articolato patrimonio: terreni in stato di abbandono, edifici fatiscenti, chiusi o privi di destinazione. Ma anche immobili relativamente nuovi che necessitano di ingenti risorse per il loro mantenimento. Costi che non possono trovare copertura dagli introiti, perciò destinati a gravare ulteriormente e improduttivamente sui contribuenti, tra cui la piscina comunale. Si tratta solo di un esempio, rispetto a tante altre strutture pubbliche che dovrebbero uscire dalla gestione del comune, anche indiretta. Si tratta di beni patrimoniali che distraggono personale pubblico per la loro gestione amministrativa e per i ripetuti contenziosi. Beni a cui, anche quando concessi a un privato, occorre spendere per assicurare controllo e manutenzione straordinaria. Si tratta di scelte ereditate da una visione politica insostenibile, non solo perché danneggia i cittadini e le imprese, ma anche i concessionari. Scelte che però continuano, irresponsabilmente. 

Invitiamo gli organi comunali competenti a farsi interpreti di un cambio di rotta, elaborando un piano conveniente di cessioni. Non per fare cassa o per moltiplicare gli sprechi, ma per reinvestire il ricavato in manutenzione urbana ed extraurbana, nonché in servizi attinenti alla funzione essenziale del comune.
  

lunedì 16 gennaio 2017

Nessuno deve più dormire in strada




Sfrattati per morosità, spesso incolpevole. Umiliati dalla mancanza di buona politica. I poveri sono destinati a crescere anche per mancanza di opportunità, di sensibilità, di una più oculata gestione delle risorse e del patrimonio pubblico. I Comuni fanno parte della Repubblica, a loro è demandato il compito di assicurare un tetto ai propri cittadini in stato di bisogno. Assemini attui politiche attive sull’abitazione perché nessuno deve essere costretto a dormire in strada. 
Oltre a un piano per l’edilizia popolare, occorre costituisce uno strumento con cui il Comune possa rispondere prontamente alla domanda abitativa di soggetti in condizioni economiche e sociali disagiate che si trovano improvvisamente per strada. È una priorità politica. Riteniamo che l’amministrazione comunale di Assemini debba avviare un progetto di recupero del patrimonio esistente da adibire a centro di accoglienza temporanea per cittadini rimasti senza casa, applicando una più attenta gestione di bilancio; sfruttare la flessibilità degli accordi Pubblico/Privato in essere; collaborando con gli Enti paralleli o sovraordinati. 

Serve uno strumento snello e funzionale, disciplinato da regole certe e da comprovate competenze. Un ambiente dignitoso da cui, i nostri concittadini, possano recuperare autonomia con l’assistenza di personale specializzato. 

lunedì 9 gennaio 2017

Dipendenza dal gioco, il proibizionismo è il male maggiore. Giunta e Consiglio sbagliano


LETTERA APERTA alla Presidente del Consiglio comunale e al Sindaco

Presidente, Sindaco,
                per il secondo anno è stata deliberata una riduzione Tari per gli esercenti disposti a privarsi delle Slot Machine, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno i requisiti per impiantare tali macchine o che conferiscano correttamente i propri rifiuti solidi urbani. Il minore introito ricadrà su tutti i cittadini, indistintamente. Riteniamo questo un errore, sia per la lotta alle dipendenze, sia per il miglioramento del servizio di igiene urbana. Non intendiamo polemizzare, ma spingere ad una riflessione, fornendo alcuni spunti che l’amministrazione comunale avrebbe dovuto approfondire prima di decidere. 
La deliberazione è sostanzialmente motivata dall’obiettivo di ridimensionare la dipendenza dal gioco. Un fine lodevole, ma che
 - con queste manovre - non ha trovato e non troverà alcun riscontro. 
Ogni individuo destina il proprio denaro per soddisfare bisogni che sono, oltre a quelli primari, soggettivi. Spesso la soggettività nasconde comportamenti autolesionistici ed egoistici. Però, il proibizionismo, nelle sue differenti esternazioni, ha sempre prodotto risultati peggiori rispetto ai mali che intendeva combattere. Alimenta sempre clandestinità, abusivismo e criminalità. 

I volumi d’affari si assottigliano sempre più e le attività classiche non producono più i redditi che producevano un tempo. Questo anche a causa di errate manovre economiche o per l’immobilismo, anche dei comuni. L’introito del gioco è divenuto, in diversi casi, la principale voce d’entrata. Quella con cui si paga un carico fiscale complessivo intorno al 63% che in gran parte finisce “a tarallucci e vino” o, se si preferisce, in sprechi e rendite di posizione. Come già precisato lo sconto sulla tassa dei rifiuti proposto dalla Giunta e approvata dal Consiglio comunale non ha comportato alcuna minore dipendenza dal gioco. La nuova deliberazione, come la precedente, alimenta solo il galoppante conformismo. In ogni caso, qualora una riduzione della Tari comportasse una convenienza economica per l’esercente, il gioco si sposterebbe in altri ambienti o in altre infinite opportunità. 

L’industria del gioco esiste da centinaia di anni e si caratterizza per un trend di crescita costante e continuo nel tempo. L’impennata si è registrata con la diffusione di internet e delle sue applicazioni, grazie alla facilità, accessibilità e riservatezza del gioco. Nel mondo, il mercato dei giochi legali, sia on-line sia off-line, conferma una raccolta (al netto dei premi erogati) di oltre 420 miliardi di dollari. Del totale raccolto, 34 miliardi (8,2% valore complessivo) derivano dal gioco on-line con una crescita pari al 10,2%. Soldi liberamente spesi dagli utenti e sottratti alla criminalità organizzata. Soldi che anche lo Stato Italiano, per un importo pari a 9 miliardi di euro l’anno, redistribuisce erogando servizi, anche attraverso i Comuni. Quella del gioco è la terza industria italiana: il giro d’affari ammonta al 4% del Pil, registra 120 mila occupati in 5 mila aziende operanti. Il fatturato complessivo è pari a tre manovre economico-finanziarie medie. L’Italia è il Paese in cui si gioca di più ed è terzo a livello mondiale. Ogni italiano gioca mediamente 1.260,00 euro procapite annui. In Italia la raccolta complessiva annua supera gli 80 miliardi con tassi di crescita costante stimabili nel 5,7%. Il gioco on-line è quello più fertile, visto che rappresenta “solo” il 4% del mercato complessivo. Secondo il livello di studio, gioca: dal 75 all’80% di chi ha la licenza elementare e media; 70% dei diplomati; 61% dei laureati. Rispetto all’occupazione, gioca: 70% degli occupati; 80% dei precari; 86,7% di chi beneficia di ammortizzatori sociali.
 
Chi gioca è una persona e non rientra in uno standard definito o definibile in senso stretto. Il gioco è sempre esistito, specie in periodi di forte crisi: si riduce la propensione all’investimento e al risparmio, aumenta quella legata alla “fortuna”. La differenza sta nella possibilità che oggi, con la legalizzazione, si ha di tracciare la fonte del denaro e la sua destinazione, nonché intervenire nella prevenzione e nella cura della dipendenza perché si conosce il fenomeno. Tanti giocatori patologici sanno bene che sbagliano, ma è più forte di loro. Capita la stessa cosa al fumatore, all’alcolista, al tossicodipendente. Lo stesso alto rischio di perdere è stimolo al gioco, così come l’aumentare della posta in palio. Lo è stato per il flipper e lo è per il biliardo e il calcio balilla (dove si scommette clandestinamente da sempre). Ma, anche per il poker, ramino, tarocchi, dama. Un incentivo altrettanto determinante è quello fornito dalle Istituzioni quando propagandano una nuova vita al prezzo di un “Gratta & Vinci”, ad esempio. 

Per concludere, alla Giunta spetta il compito di proporre azioni politiche utili a creare benessere e combattere le criticità dando ai propri cittadini ragioni e strumenti per uscire dalle dipendenze. Al Consiglio comunale spetta produrre miglioramenti, avvalendosi di chi ha competenze tecniche e scientifiche per indirizzare l’intera macchina amministrativa verso soluzioni produttive di utilità, nell’ottica di un equilibrio possibile tra legalità-sicurezza del gioco e salute pubblica.

Assemini, 09 gennaio 2017

Cordiali saluti

martedì 3 gennaio 2017

Giorno del Ricordo, il Comune non dimentichi le foibe


Il 10 febbraio di ogni anno si celebra il Giorno del Ricordo per commemorare la tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe; dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati. L’assessorato alla cultura del Comune di Assemini si è distinto per aver promosso e sostenuto importanti iniziative culturali. Tra queste, la commemorazione per il Giorno della Memoria in cui si ricordano le vittime dell’Olocausto, ma non delle Foibe. 
   
Tra il 1943 e il 1947, le truppe comuniste di Tito, uccidevano barbaramente e gettavano, in gran parte vivi, oltre 10 mila persone, tra donne, uomini, vecchi e bambini nelle cavità dell'altopiano carsico, chiamate foibe. Si trattava di una pianificata pulizia etnica. Erano semplici cittadini, militari, impiegati, maestri elementari, minatori. Torturati e violentati, venivano legati l’un l’altro col fil di ferro. Il primo veniva spinto nella foiba, trascinandosi tutti gli altri. Immediatamente dopo, i partigiani slavi gettavano nella cavità bombe a mano per assicurane la morte. Tra gli infoibati anche 140 sardi, in parte minatori del Sulcis, trasferiti da Carbonia in Istria. Ma anche militari, soprattutto finanzieri e carabinieri, in servizio nel confine orientale. Nel 1947, l'operazione veniva completata costringendo 350 mila italiani di Istria, Fiume e Dalmazia ad abbandonare la propria casa e i propri beni. Per decenni questi fatti sono stati universalmente e consapevolmente censurati.

La mala politica, in nome dell’amicizia del buon vicinato con la Jugoslavia del comunista Tito, era unita in una sola parola d’ordine: negare! Ancora oggi, appare difficile fare i conti con la storia, compresa questa. Certo, molto è stato fatto, ma sono numerose le istituzioni pubbliche che non ottemperano alla Circolare ministeriale che invita a «ricordare la tragedia delle Foibe».

Ricordiamo all’amministrazione comunale di Assemini che il 10 febbraio si ripeterà la celebrazione del Giorno del Ricordo e auspichiamo che non voglia far mancare il proprio apporto, promuovendo o sostenendo adeguate iniziative. Un modo per dimostrare con chiarezza quanto nazifascismo e comunismo siano facce di una stessa aberrante medaglia.