martedì 8 settembre 2015

Energia e rifiuti: una commistione, tanti dubbi


di Massimo Carboni

Non bastavano  i danni causati dalla speculazione pirata del “Piano di Rinascita”, ora persino le fonti energetiche diventano, per “confusione” politica, strumento di ulteriore impedimento. Proprio quelle che dovrebbero avere la funzione di rendere la nostra Terra autonoma e competitiva. Poi, se a questo si aggiunge la commistione con la gestione dei rifiuti, la mina è innescata.
La Sardegna è un’isola che ha molto da esprimere, un paradiso. Una risorsa naturale da valorizzare, in una Italia fuori controllo ed in una Europa tutta da costruire. Da nessun’altra parte è possibile godere di così tante bellezze naturali. Espressione di realtà ancora incontaminate dove l’amore interiore per la natura ha prevalso sull’abuso. Una sinfonia di suoni e di colori. Ambiente, tradizioni, identità e lingua sono il simbolo di una storia antichissima ed elementi fondamentali per uno sviluppo territoriale possibile e sostenibile. In Sardegna i Misteri si intrecciano con la realtà, esaltandone fascino e ricchezza. Qui non manca niente, tranne la consapevolezza dei sardi di essere uno dei popoli più fortunati del mondo. Un paradosso che impedisce di produrre benessere per tutti. Un contrasto insostenibile. La Sardegna non può permettersi nessuna ulteriore forma di scempio ambientale perché è sulla biodiversità, identità ed evoluzione che si gioca la partita: vivere o soccombere. È necessario sconfiggere l’individualismo che danneggia tutti. Allo stesso modo la sindrome d’impotenza che contamina le nuove generazioni, privandole del bisogno di credere nella loro doverosa autodeterminazione economica e culturale. Da troppo tempo subiamo modelli di sviluppo malato calati dall’alto. Sistemi che rafforzano il cordone ombelicale che lega gran parte della classe dirigente a forme distorte di governo della cosa pubblica. La piena rappresentatività e l’onestà sono precondizioni della politica. Eppure, progressivamente, assumono contorni sempre più tenui anche nella politica applicata in mano agli esperti.  
Assemini è uno dei casi che sintetizza cosa non deve essere mai più fatto. Una realtà strategica che tra azioni politiche sbagliate e gravi omissioni non ha trovato la necessaria maturità per imboccare la via d’uscita. La situazione ambientale era e rimane drammatica. L’area di Macchiareddu è già gravemente compromessa, risultando - secondo i dati diffusi dal Ministero della Salute -  tra le aree più inquinate d’Italia. Dai dati si evince che per ‹‹uomini e donne è presente un eccesso di mortalità per le malattie dell'apparato respiratorio e un difetto, per i soli uomini, per le malattie circolatorie. Il tumore della pleura è in eccesso in entrambi i generi››. La causa sarebbe attribuibile ‹‹alla presenza di impianti chimici e discariche››. Dal Dipartimento di Sanità Pubblica, sezione Medicina del Lavoro, dell'Università di Cagliari, è stato pubblicato su “Epidemiologia e Prevenzione”, che la popolazione maschile residente nel distretto di Cagliari ovest, esclusa la città di Cagliari, presenta un elevato rischio di contrarre forme di leucemie.  Ben 445 mila ettari di territorio sardo sono compromessi. Aree che sono state iscritte in Siti d’Interesse Nazionale (SIN), contaminate e che necessitano di urgenti interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo e/o delle acque superficiali e sotterranee per evitate ulteriori danni ambientali e sanitari. Bonifiche che non si programmano e che non si fanno. Circa un sardo su tre (la media nazionale è di 1 italiano su 9) vive in un SIN, dove si sono registrati 10 mila decessi in eccesso rispetto ai riferimenti regionali.
Mentre si consolida la “guerra sarda” all’eolico (fonte energetica pulita), il 4 luglio del 2013 sono partiti i lavori per la realizzazione di un polo energetico alimentato a biomassa, in territorio di Assemini nell’area industriale di Macchiareddu. L’impianto dovrebbe assorbire 340 mila tonnellate l’anno di biomassa per sviluppare una potenza energetica di 50 MW, da immettere nella Rete di Trasmissione Nazionale. A seguito anche delle nostre sollecitazioni, si aprì una discussione sull’utilità della centrale e sul suo impatto ambientale. Ciò è avvenuto ad Assemini ed a Capoterra. Leggendo le dichiarazioni degli amministratori a vari livelli, abbiamo rilevato una insufficiente consapevolezza del bisogno di fare sistema e di collaborare nell’interesse esclusivo del cittadino e di una condivisa impostazione strategica di sviluppo. Da un lato i cittadini capoterresi che più di altri subiscono il peso di impianti “ingombranti”; dall’altro il Comune di Assemini che - nella precedente consiliatura - autorizzò e gestì le pratiche con estrema solitudine e leggerezza. A questo si aggiunga il pasticcio sulla gestione del Parco eolico che per anni non ha incassato un centesimo di quanto concordato. La centrale a biomassa è destinata a ridurre il potenziale occupazionale e l’energia prodotta non produrrà alcun beneficio sulle bollette dei sardi. L’Isola continua a registrare un forte scompenso sul costo energetico rispetto al resto d’Italia e d’Europa, incidendo negativamente sulla competitività.
Ora sembra giunto il momento degli inceneritori. Non solo il potenziamento di quello esistente (Tecnocasic), ma si profila persino l’ipotesi di uno nuovo, classificato “insediamento strategico di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente”. I gestori degli impianti potranno importare spazzatura da tutta Italia. Questo in virtù del decreto attuativo dell’articolo 35 del decreto legge “Sblocca Italia” (convertito in legge a novembre 2014). La strategia “rifiuti zero” promessa dalla Giunta regionale sembra sospesa a fronte di uno stanziamento complessivo che si aggira intorno ai 90 milioni di euro, azzerando le distanze programmatiche con il Governo ed accentuando quelle con i sardi. Una scelta che contrasta con il cambio di rotta chiesto dall’Europa che indica l’incenerimento come la quarta scelta in fatto di trattamento dei rifiuti, dopo la riduzione della produzione, il riutilizzo post-consumo e il riciclo. La Regione sarda precisa che è necessario recuperare energia. Questo in una Terra che produce un surplus pari ad 1/3 di quella complessivamente prodotta.  
Le scorie che residuano dall’incenerimento prendono la strada delle discariche. Rappresentano in media almeno il 22,5 % del materiale incenerito. Nonostante il revamping (ristrutturazione) dei due inceneritori isolani, non mancano i progetti per la realizzazione di nuove megadiscariche. A Villacidro potrebbe sorgere una discarica della capienza di 1 milione 350 mila metri cubi di rifiuti, un volume tale da renderla una delle più grandi d’Italia. Una anche ad Uta. Durante la fase di presentazione pubblica del servizio (sconosciuta ai sardi nonostante gli indirizzi del “Principio di Precauzione”), è emersa l’esigenza di abbattere la tariffa dal 35 al 40%. In Sardegna si differenzia per il 51% medio con trend positivo (quasi il 25% in meno del risultato asseminese). Se la strada tracciata dalla Regione e dall’Europa è quella di investire sul ciclo virtuoso dei rifiuti fino a raggiungere il 92% (come accade in altre realtà europee) perché altre discariche? Basterebbe investire in quella di Villacidro, risparmiando e adattandola alle nuove conoscenze tecniche e scientifiche anche per assicurare migliore salubrità ed impatto, nonché per garantire la sua funzione strutturale all’inceneritore di Capoterra (compreso fermo impianto, eccedenza e trattamento preventivo)?
Oltre al grave impatto su ambiente e salute, il documento prodotto da “Medici per l’ambiente” mette in evidenza anche la scarsa efficienza energetica degli inceneritori. Un esempio su tutti è dato proprio dall’inceneritore della piana di Tossilo, dove il gestore compra circa 4,3 Gwh di energia elettrica a fronte dei 3,7 prodotti. Se in passato (grazie agli incentivi) il saldo dell’operazione era in positivo, oggi, venuti meno gli incentivi, non è più così.
Per gli esperti, basterebbe incoraggiare il riutilizzo, la raccolta differenziata e il riciclo, e dotarsi delle tecnologie che evitano la combustione dei rifiuti, potendo dire addio agli inceneritori ed alle discariche, visto che appena l’8% dei rifiuti non troverebbe un nuovo impiego. Inoltre, la Commissione Europea ha sostenuto che un diverso sistema di gestione del ciclo dei rifiuti potrebbe creare 580 mila nuovi posti di lavoro in Europa. Ma, i politici nostrani, evidentemente, non la pensano più così.
Per quanto riguarda la Sardegna, i dati diffusi da Ispra parlano di 100 mila tonnellate di rifiuti in meno negli ultimi quattro anni e di una raccolta differenziata, ripeto, pari al 51%. Molto si potrebbe ancora fare innalzando gli attuali livelli di raccolta differenziata incentrati sul sistema del “porta a porta” (così sostengono gli esperti). Sono in molti a domandarsi come un rinnovato e potenziato parco inceneritori possa convivere con la crescita tendenziale della raccolta differenziata. Meno rifiuti comporta meno bisogno di incenerire. Infatti, i gestori di questi impianti necessitano di una fonte continua di rifiuti per alimentarli e pareggiare i costi. Non basta, come è possibile coniugare il sistema delle premialità sulla tariffa di conferimento corrisposte ai comuni virtuosi, con i costi fissi degli inceneritori, la cui copertura verrebbe meno con il perfezionamento della raccolta differenziata? Insomma, il rischio è che il sistema delle tariffe possa reggersi solo grazie all’intervento pubblico pagato dai cittadini. Queste ed altre sono le ragioni che hanno spinto la “Zero Waste Sardegna” ad inoltrare una istanza al Presidente della Regione Sardegna per non approvare lo schema di Decreto attuativo.
Per concludere. A Macchiareddu, l’inceneritore da potenziare è quello di Capoterra, mentre si prefigura la realizzazione di uno nuovo ad Uta con annessa nuova discarica. Poco distante dal nuovo Carcere, dalla Comunità terapeutica e dalla Centrale a biomasse in costruzione. In un’area che dovrebbe garantire attrazione al patrimonio montano, mettendolo in rete con la laguna, i fiumi e gli spazi verdi urbani dei centri coinvolti. Invece che puntare sulla “rete delle bellezze”, si preferisce incassare subito un primo contributo di 40 milioni di euro per avviare ciò che nel resto dell’Europa è classificata “inutile pratica criminale contro la salute ambientale e pubblica”. Nel frattempo, il revamping di Tossilo, contro cui c’è stata una forte mobilitazione popolare, viene di fatto bocciato dalla Commissione europea. Del resto, la Commissione, ha più volte espresso la sua netta contrarietà al finanziamento di impianti per il recupero di energia attraverso il revamping di termovalorizzatori esistenti. Esattamente quanto condiviso dalla Regione sarda e dal Ministero dell’Ambiente fino a pochi mesi fa. Ora hanno, evidentemente, cambiato idea. Gli esperti e gli scienziati no.
Assemini è sostanzialmente coinvolta. Cosa chiediamo al Sindaco Mario Puddu? Di seguire da vicino la contorta questione e di tenere informati i cittadini sugli eventuali sviluppi. Di attivarsi, pur nei limiti delle proprie competenze, per vigilare sulle contraddizioni che stanno alla base di un progetto apparentemente per nulla diretto a tutelare l’interesse dei sardi.     

Nessun commento:

Posta un commento