sabato 13 dicembre 2014

Dobbiamo uscire dalla totale dipendenza


La Sardegna è una Terra di contraddizioni. Ogni opportunità continua a scontrarsi con una realtà sempre più drammatica. Il sentimento identitario tarda a trasformarsi in coscienza, rinviando le responsabilità di una classe dirigente ampiamente autoreferenziale e di un intero Popolo. Aumentano gli astenuti da tutto, come conseguenza di una fiducia ripetutamente tradita. Cresce la diffidenza e ci si chiude in se stessi, avulsi in un progressivo e tangibile arretramento. I capisaldi sociali vengono meno e si rafforzano sentimenti bestiali, allontanandoci dal bisogno di crescita armonica e civile. Per l’ennesima volta i sardi emigrano.
È difficile accettare che tutto ciò che accade sia frutto delle nostre azioni e delle nostre omissioni, ma bisogna avere il coraggio di interrogarci. Occorre capire se la Sardegna non sia orfana per mano “amica”, prima ancora che “nemica”. Per decenni si è ritenuto che fosse sufficiente delegare ad altri il nostro futuro.
Stiamo continuando a percorrere la strada sbagliata. Riversiamo ogni attenzione nel centralismo di Stato e di Governo come unici responsabili della serenità dei nostri figli, mentre questo ha rappresentato e rappresenta il principale moltiplicatore dei mali del nostro tempo. Davanti al bisogno di rafforzare la nostra specialità, abbiamo rinnegato la nostra identità, accettando una globalizzazione standardizzante e sperato nell’arrivo di un nuovo “messia” senza curarci delle sue innumerevoli maschere. Così siamo diventati anonimi, semplici contribuenti.
È necessario che ogni sardo si assuma la propria responsabilità attraverso la rivendicazione costante, pacifica e cognitiva di dosi crescenti di autogoverno. Dobbiamo uscire dalla morsa della totale dipendenza per costruire un futuro legato al nostro ambiente, alla nostra storia, alle nostre tradizioni, alla nostra cultura, alla nostra lingua, alle nostre aspettative. Dobbiamo andare oltre l’atavica divisione partitica per costruire nuove e libere istituzioni sociali per perseguire obiettivi strategici comuni, partendo dalle nostre città. Dobbiamo operare in un’ottica di sistema, rifiutandoci di alimentare il benessere dei politicanti. La Politica non è una staffetta (ora ci sei tu, domani spetta a me). La contrapposizione non deve essere per se stessi e per i partiti, ma per il nostro benessere.

M. Carboni 

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