Era il mese di novembre dello scorso anno,
la giunta guidata dal Sindaco Mario Puddu si era appena insediata e balzò alla
cronaca per l’organizzazione di una serie di lodevoli eventi contro la violenza
sulle donne. Iniziative che sono costate ben 4 mila 500 euro. Da allora il
tempo è passato, ma nessun atto concreto sembra aver avuto seguito.
Il femminicidio è una particolare forma di
violenza perpetrata nei confronti delle donne legata alla loro identità di
genere. In Italia è la causa principale della morte di donne tra i 14 e i 45
anni e la percentuale più alta di questa gravissima forma di violenza si
registra al nord: Lombardia, Emilia Romagna, Veneto. Ma, nessuna realtà
territoriale deve sentirsi esclusa. Trattare i numeri dei femminicidi che
avvengono in Italia è complicato dal momento che nessuna istituzione o ente
specializzato si occupa di dare conto di questo fenomeno. Dai dati che si
possono reperire dalla stampa (con il rischio che gli stessi siano
sottostimati) si parla di 137 vittime
nel 2011, 124 nel 2012, 50 circa nel 2013. Questi delitti hanno dinamiche molto
simili, anche se si verificano in contesti molto diversi perché il fenomeno è
trasversale a tutte le classi sociali. Troppo spesso sono delitti annunciati,
preceduti da anni di maltrattamenti sessuali,
psicologici, fisici, economici e spesso frutto di silenzi e complicità
da parte di coloro che sono vicini sia alle donne che subiscono violenza, sia
agli uomini autori di questa violenza. Anche i figli sono vittime impotenti
della violenza domestica. Rischiano, crescendo, di riprodurre i comportamenti
della coppia genitoriale nel modello della vittima e del carnefice in un
crescendo di annientamento e violenza.
Il Comitato Civico ViviAssemini Invita l’Amministrazione
comunale di Assemini a rendere pubbliche quali iniziative pratiche siano state intraprese
secondo valutazioni scientifiche. Riteniamo che la lotta alla violenza non può
escludere azioni mirate preventive che coinvolgano le associazioni di
volontariato, quali espressione della società civile, le quali possono dare un
contributo importante alla prevenzione. Occorre tuttavia dire che sono necessarie
politiche di sostegno che rendano giustizia a questa funzione indispensabile
del volontariato che non vuol dire improvvisazione, ma oneroso impegno civile e
professionale. E’ necessario offrire opportunità di ascolto e di accoglienza,
un primo indispensabile presupposto per favorire quel processo di
trasformazione che riguarda sia la donna vittima di violenza, sia l’autore di
questa violenza.