di Massimo Carboni
Sardi prigionieri. Potrebbe essere questa la sintesi della
condizione dei sardi rispetto al rapporto con le istituzioni sovra regionali.
Una condizione in parte voluta, in parte resa strumentalmente necessaria, ma
anche subita in spregio alla Costituzione, allo Statuto ed ai diritti fondamentali
di un Popolo.
Non esiste realtà socioculturale che possa progredire, anche
in campo economico, senza vivere coscientemente una condizione di autodeterminazione
cosciente e responsabile. Perché, questo, è un presupposto fondamentale per
poter scegliere le proprie direttrici di crescita e sviluppo. Prediligere una
economia territoriale in grado di guidare i vantaggi della globalizzazione,
significa abbattere anche ogni forma di pirateria. Perché la scelta tra
modelli, determina il modo di vivere e di evolvere.
Sardegna come piattaforma del Mediterraneo. Un fatto geografico
che tarda ad assumere forme e contenuti i politici e socioeconomici. Ciò che
potrebbe essere il punto di partenza per la costruzione di un modello di
benessere diffuso, rimane un inarrestabile e variegato freno. I nostri
territori sono ancora oggetto di saccheggio ambientale, linguistico e
culturale. Una Terra che rileva l’aumento di malattie da fonti inquinanti.
Ogni “fattore della produzione” viene sterilizzato da scelte
centraliste, spesso nel silenzio della Regione e di troppi Comuni,
rappresentati da chi, del servilismo, ha fatto la ragione del proprio personale
benessere o delle proprie redditizie ed egoistiche ambizioni. Occorrerebbe
sostituire, nelle istituzioni, il termine “voto” con “interesse”: interesse
favorevole, interesse contrario, astenuto.
Il “Far West” sardo è, ancora una volta, oggetto delle più
macabre attenzioni dei governi di turno. La logica sembra essere questa:
siccome siete alla fame, vi concediamo qualche briciola per sopravvivere (giusto
perché ci tornate utili), così la Sardegna diventerà la "Piattaforma del
Mediterraneo", appunto. Già, una pattumiera, più che una
"Piattaforma", su cui impiantare ogni strumento della più opprimente
e becera speculazione. Tra cui l'energia. La nostra crisi è (ampiamente) il
frutto delle scelleratezze imposte/subite. Dei miracoli propagandati con la commistione
di gran parte della classe dirigente che continua ad ingrassare con le nostre
risorse. Quella classe dirigente che ha consentito e consente di rendere
inutili i fattori della produzione, impedendo di avviare un modello di sviluppo
e crescita sano, produttivo ed identitario. Assemini da questa spirale
perversa, non è esclusa.
I “numeri” dell’energia in Sardegna, come emergono dai dati
Terna S.p.A. (31 dicembre 2012) e dal P.E.A.R.S.:
* 18 impianti idroelettrici
(potenza efficiente lorda MW 466,7; producibilità media annua GWh 699);
* 44 impianti termoelettrici
(potenza efficiente lorda MW 2.822,5);
* 47 impianti eolici (potenza
efficiente lorda MW 988,6);
* 22.287 impianti fotovoltaici
(potenza efficiente lorda MW 558,2);
* energia richiesta in Sardegna:
GWh 10.998,8; energia prodotta in più rispetto alla richiesta: GWh 2.348 (+21,3%);
* produzione energia: GWh 14.535;
produzione netta per il consumo: GWh 13.346,8;
* energia esportata verso la
Penisola: GWh 1.632,5; energia esportata verso l’Estero (Corsica): Gwh 715,6;
* fonte di produzione: 78% termoelettrica, 11% eolica,
5% bioenergie, 5% fotovoltaico, 1% idroelettrico.
Dati che esprimono con chiarezza lo stato dell’inutilità di
ulteriore asservimento del territorio sardo e di produzione energetica in
Sardegna, a fronte del costo mediamente più alto del resto d’Italia ed Europa.
Noi produciamo gli altri godono dei benefici e della ripartizione delle
ricchezze. Un sistema “coloniale” che perdura, aumentando il divario con le
altre realtà produttive europee e che rafforza il ritardo strutturale sardo,
impedendoci di crescere. Fatti che rendono necessaria l’istituzione di un
Antitrust regionale autonomo valido per tutti i servizi ed in grado di
contrastare con efficacia i monopoli e la speculazione praticata con continuità
da aziende statali e parastatali. Un Authority libera in grado di tutelare gli interessi
calpestati dei sardi.
Occorre reagire con i fatti e con una progettualità
strategica improntata sulla necessità, efficacia ed efficienza. I Comuni non
sono soggetti istituzionali asettici, ma luoghi da cui produrre cambiamento,
partendo dalla cura della propria efficienza energetica, fino a tutelare il
proprio territorio ed i propri cittadini.
Ad esempio, in data 06 giugno 2002 ci risulta essere stata
siglata una convenzione tra l’amministrazione comunale di Assemini ed una società
energetica per la concessione del diritto di superficie finalizzato alla
realizzazione di un impianto eolico in località Macchiareddu, in area “Ex Casic”.
Il parco eolico funziona dal 2007. Stando alla convenzione,
le casse del Comune avrebbero dovuto incassare un canone di concessione, a
decorrere dal primo gennaio 2007, pari allo 0,6% da calcolarsi sull’importo
totale dell’energia prodotta e fatturata annualmente al netto dell’I.V.A. Tale
percentuale è stata portata allo 0,8 nel mese di marzo del 2008. Nel caso di
fermo macchine o di mancato avvio dell’impianto, il corrispettivo annuo sarebbe
dovuto essere pari a 10 mila euro per aerogeneratore per i primi otto anni e, 5
mila euro per gli anni successivi. A ciò si aggiungano ICI/IMU.
Sarebbe utile conoscere:
- a quanto ammontano gli importi che dal 2007 la società energetica avrebbe
dovuto versare, complessivamente, nelle casse del comune di Assemini;
- se i versamenti previsti siano stati regolarmente
accreditati e, se sì, da quando;
Qualora, invece, i pagamenti previsti non siano pervenuti
nelle casse del Comune, sarebbe interessante conoscere quali atti l’Amministrazione
comunale abbia posto in essere al fine di scongiurare un danno erariale.
Inoltre, in quale conto di bilancio sarebbe stato rilevato l’eventuale credito.