domenica 9 agosto 2015

Finalmente il Puc, ma anche tanta confusa ipocrisia



di Massimo Carboni
Assemini ha il suo Piano urbanistico. Uno strumento importante che detta regole certe e pone le basi per attuare un progetto strategico per la crescita e lo sviluppo anche socioeconomico. Un fatto rilevante, ma è necessario che l’Amministrazione comunale spieghi ai cittadini quale progetto, appunto strategico, intenda avviare per favorire la crescita, intesa nella sua articolata accezione. Altrimenti il PUC sarà percepito come un elemento per far cassa con l’ulteriore aumento degli introiti Imu. Questo dopo l’incremento sproporzionato della TARI ed il prossimo aumento dell’addizionale Irpef pari a circa 400 mila euro complessivi. Assemini non può permettersi gli effetti di un nuovo “Editto delle Chiudende”, nemmeno in chiave moderna.
Molto si è detto e scritto sulla possibile inefficacia dell’atto approvato a seguito delle incompatibilità presunte e ricercate. Meglio sarebbe stato per il Sindaco assicurarsi i voti proposti dalla minoranza, esonerando i casi “critici” della sua maggioranza. Sarebbe bastato chiedere alla minoranza di sottoscrivere un impegno formale. Qualcuno sarebbe stato sicuramente disposto a firmare l’impegno. Tutto sarebbe filato liscio, evitando il possibile annullamento dell’atto in questione ed inaugurata la stagione dei “volti”.
Il PUC è uno strumento, in quanto tale, da solo non può cambiare la vita degli asseminesi. Occorre riconoscere che quello approvato è incompleto ed in alcune parti slegato dall’evoluzione del contesto socioeconomico. Arriva con un ritardo di almeno 15 anni ed in un momento di profonda crisi, subita dalla mancanza di politiche attive, strutturali e di sistema. Ma, è un punto di partenza importante che non può prescindere dalla spinta al recupero ed alla valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente. È grottesco puntare il dito su chi verrà potenzialmente avvantaggiato dal PUC. In una comunità che affonda le proprie radici su l’attività agropastorale, la proprietà diffusa di aree agricole è una costante. Del resto, per troppo tempo si è già abbondantemente pensato alla pianificazione urbanistica per impedire, piuttosto che per valorizzare.
Occorre spezzare la linea di continuità culturale che affonda le radici nel passato, anche più prossimo. Il progressivo imbarbarimento e la diffusa strumentalizzazione del confronto nulla hanno a che vedere con la funzione della Politica, perciò destinato a peggiorare lo stato di pericolosa ed evidente arretratezza ereditata. Insomma, la rivoluzione sta dall’altra parte.
Sono tante le gravi responsabilità in capo ai tanti amministratori succedutisi, ma anche ad una larga parte della società locale, organizzata e non. Noi cittadini abbiamo il dovere di riflettere sulle nostre azioni, omissioni e connivenze, ma anche sulle scelte dannose che alimentano forme di palese integralismo, causa principale di personalismi, invidie, odi e conseguenti vendette. Uno stato di offuscamento generale che favorisce il deterioramento politico ed il becero giustizialismo, peggio quando è esclusivo ed a senso unico. Una condizione di precarietà che confonde pericolosamente i ruoli tra chi ha il dovere di agire, proporre e controllare, raccontare nel rispetto dell’imparzialità e della completezza. Una spirale perversa di “ingegneria del deterioramento”, spesso doloso. Occorre anche calare le maschere, chiudere il sipario e ridefinire l’obiettivo: l’interesse generale.
Il sistema è strutturato per autodifendersi, nessuno può cambiarlo. Però è possibile crearne uno parallelo che trovi nella forza propulsiva e cognitiva dei cittadini, la spinta per la sua stessa affermazione. Il protagonismo civico deve maturare una coscienza pienamente indipendentista, non già per rivendicare una nuova forma di Stato, ma per attivare una nuova coscienza incentrata nell’autodeterminazione dei compiti e della gestione integrata delle opportunità. Deve trasformarsi nella base di arricchimento della politica e dei partiti, a cui la Costituzione demanda il compito principale di rappresentanza. Questi, devono uscire dalla confusione e dall’individualismo, delineando e diffondendo al più presto, in strada, il proprio progetto politico, a garanzia di una funzione attiva e pienamente rappresentativa. Bisogna combattere il qualunquismo frutto di mera, virale ed inconcludente indignazione fine a se stessa. Tutti abbiamo il dovere di consolidare i principi che animano la Libertà e la Giustizia nonché tramandarla, nel rispetto di quanti hanno combattuto senza nemmeno poterne godere dei benefici. I titoli e le conoscenze sono utili se impiegate per creare valore aggiunto, non per contribuire all’avanzata dei deserti.  
Bisogna dare risposte concrete alla crisi. Sicurezza, lavoro, innovazione, vivibilità, decoro, identità e politiche sociali non possono essere relegate ad una funzione esclusivamente elettoralistica, anonima e disarticolata. Esse sono il frutto di costi sostenuti con la pressione fiscale, diretta ed indiretta. Al contrario, sono obiettivi da raggiungere in chiave identitaria, riformista e progressista. La pianificazione urbanistica deve servire soprattutto a questo: dare un’anima ad Assemini e coordinare concretamente ogni azione in una forma di crescita e sviluppo armonico. Perciò non basta un programma.
Le città sono luoghi in cui emergono problemi, ma anche dove possono trovarsi soluzioni. I confini di ogni città non corrispondono più alla semplice realtà fisica, sociale, economica, culturale ed ambientale dello sviluppo urbano. Per tale motivo rendono necessari nuovi modelli di governance flessibili. Dobbiamo considerarle come ambienti di sviluppo sociale avanzato, di coesione sociale, di alloggi socialmente equilibrati, nonché di servizi sanitari ed educativi rivolti a tutti. Così come dobbiamo vedere nelle città una piattaforma funzionale della Democrazia; il dialogo culturale e la diversità come ricchezza; come un luogo verde, di rinascita ecologica ed ambientale; un luogo capace di attrarre ed un volano della crescita secondo un modello economico sociale e civile di mercato.
Spetta a tutti evitare che Assemini segua la strada della minaccia allo sviluppo urbano sostenibile. La politica deve governare gli effetti dei cambiamenti demografici; dell’instabilità economica; dell’allentamento dei rapporti tra crescita economica, occupazione e progresso sociale che spingono alla disoccupazione, al precariato ed al riposizionamento poco qualificato e mal retribuito; delle disparità di reddito che crescono aumentando il numero dei poveri. Le minacce devono essere scongiurate trasformandole in opportunità.
È necessario partire dalla valorizzazione delle diversità, affiancando all’economia globale una economia locale sostenibile. Ciò deve avvenire radicando nel tessuto economico locale competenze e risorse, nonché incentivando la partecipazione sociale e l’innovazione. Bisogna creare un’economia reattiva ed inclusiva che superi il modello di sviluppo in cui crescita economica non significa necessariamente un maggior numero di posti di lavoro. Le diversità socioeconomiche, culturali, etniche e generazionali vanno sfruttate per il loro rilevante potenziale e come fonte d’innovazione. La segregazione territoriale e la povertà energetica si combattono sostenendo politiche di risparmio e di necessaria valorizzazione ambientale; lo sviluppo equilibrato del territorio come la sua valorizzazione possono produrre benefici per le comunità residenti solo se si riesce a maturare una collaborazione funzionale (trasporti; spazi sociali, culturali, sportivi ed ambientali di qualità).
Non c’è più tempo da perdere:  occorre investire e valorizzare pienamente le risorse naturali e culturali presenti e nascoste, compresa la nostra lingua. Insegnare e divulgare ogni potenzialità per passare dal sentimento alla coscienza della nostra sardità elevandola a rango di fattore della produzione al pari della terra, del capitale, del lavoro e della conoscenza. Dobbiamo uscire da questo stato di standardizzazione ibernante ed attivarci con azioni logiche che facciano conoscere il nostro territorio per stimolare nuove e vincenti iniziative economiche. Dobbiamo imparare a “raccontare la nostra città”.
Come molte altre città della Sardegna, da troppo tempo Assemini segue una traiettoria di sviluppo molto debole, resa incerta dagli effetti prodotti dai profondi cambiamenti politico-istituzionali ed economici della società italiana ed europea. Esaurendosi i fattori che avevano generato la sua traiettoria di sviluppo, Assemini è in una fase di stallo economico con pesanti ripercussione socioculturali ed ambientali. L’economia è il punto cruciale attorno a cui si generano i problemi e si trovano le soluzioni. Assemini non ha dato molta importanza ai segni di indebolimento della sua struttura socioeconomica, all’affievolimento delle sue capacità generative ed attrattive. Confidando nella stabilità economica che il suo rango di “città del divertimento” sembrava garantirle. Stessa cosa relativamente alla presenza di un polo industriale prevalentemente chimico di dimensioni medio-alte di elevata qualità tecnologica. Assemini non ha anticipato e non si è predisposta ad affrontare i cambiamenti richiesti dal contesto globale di “competizione territoriale”, causando una caduta del livello delle aziende in esercizio ed indebolendo ulteriormente quelle che si trovavano già in difficoltà. Una accentuazione dell’incertezza sul futuro della Città stessa che non ha registrato, nemmeno da parte degli operatori, sufficiente capacità reattiva ed una incisiva azione propositiva.

Oggi Assemini si trova in una fase di collasso economico e senza alcuna strategia di sviluppo. Nelle ultime consiliature il focus della riflessione e dei processi decisionali si è spostato, dando rilevanza assoluta al PUC senza però ragionare preventivamente sullo stato attuale e senza confrontarsi guardando al futuro. È passata in secondo piano l’urgenza di rafforzare la sua base economica e l’esigenza di spronare l’innovazione per rispondere alle crescenti e mutevoli esigenze sociali. Il benessere perdona anche gli errori gestionali ed amministrativi. La crisi, invece, li accentua.   

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