di Massimo Carboni
Tanto si è detto e scritto sullo stato del parco, dei
giardini pubblici, degli spazi verdi e sulla mancata valorizzazione del
patrimonio fluviale, lagunare e montano. Del loro degrado e della mancanza di
funzionalità socioculturale ed economica. Un coro di proteste che si ripete quotidianamente
e senza ricevere - da chi è stato chiamato a governare - risposte doverose,
concrete ed innovative. Inoltre, è diventato normale accettare ciò che dovrebbe
rientrare nella funzione tecnica di ordinaria amministrazione, come politicamente
rilevante, abbassando ulteriormente il livello del confronto e spingendo la “rivoluzione”
promessa ed auspicata nel vortice dell’involuzione formale e sostanziale.
Appare chiaro come accanto alla meritata “insufficienza” sull’articolata
pagella del Sindaco, stia crescendo una forma di inaccettabile menefreghismo
civico. Il degrado porta degrado, ma entrambe le forme sono “male assoluto”. Bisogna
partire da questo aspetto per cambiare traiettoria e rilanciare l’azione di
governo municipale, facendo percepire ed assumere coscientemente anche gli
spazi verdi come una risorsa, per noi e per le future generazioni. Del resto,
gli errori del passato, devono servire a non ripeterli, piuttosto che essere usati
come “arma difensiva”. Errori reiterati e largamente influenzati dalla
pericolosa inadeguatezza della Giunta e dei “consiglieri” del Sindaco (quelli
che in giro scaricano le proprie responsabilità, dicendo “non ci ascolta”). Occorre
riaccendere la speranza in noi cittadini.
Nessuna forma di cambiamento “in meglio” può prescindere
dalla capacità di elaborare processi innovativi senza recuperare, mantenere e
valorizzare le strutture esistenti. Aspetti di fondamentale rilevanza che possono
produrre miglioramento se coniugati con la capacità e la volontà politica di
costruire un “sistema del verde” che sia “diversamente” fruibile, sicuro,
caratteristico, di qualità. Questo, perché occorre concepire il verde urbano
come un patrimonio, riorganizzandolo per sistemi e tipologie al fine di
caratterizzare la città, migliorare la qualità della vita e renderla attrattiva
con finalità più ampie ed articolate. Puntare sull’equilibrio ecologico e
paesaggistico, significa dare un’anima agli spazi verdi affinché siano attrazione
e sviluppo culturale, ricreativo e sportivo, integrati in una dimensione del
verde unitaria e continua. Uno spazio ampio, nuovo ed in grado si soddisfare
bisogni e necessità, ma anche etico in grado di favorire relazioni umane;
corrispondenze e relazioni tra luoghi, persone, memorie, valori globali e
territoriali. Uno spazio estetico da cui far partire nuove ed avvincenti forme
di bellezza diffusa.
Lo stato del verde urbano è fermo da 18 anni ed ha perso la
sua funzione generatrice di plusvalore. Questa fase di saturazione deve essere
superata innovando. È giunto il momento di rimettere ordine, lasciando alle
competenze tecniche il dovere di tenerlo decoroso ed alla politica il compito di
“riformare”, azzerando i costi e destinando le risorse in investimenti
produttivi.
Secondo l’ISTAT la media di verde urbano per cittadino in
Italia è pari a 30 mq. La costante e progressiva riduzione dei trasferimenti ai
comuni e la già penalizzante pressione fiscale e tributaria, non consentono ulteriori
spese e gestioni “allegre”, ma rispetto e cura delle fonti di finanziamento e
della destinazione delle risorse. Occorre partire dal patrimonio esistente, sia
urbano sia naturale, per costruire un nuovo modello di fruizione incentrato su
adeguate formule gestionali che includano anche le aree naturali finora
trascurate. È necessario avviare una
nuova definizione delle tipologie del verde urbano per consentirne uno sviluppo
armonico del futuro della “città che vogliamo”, ma anche un maggior
coinvolgimento dei cittadini, dando valenza “di sistema” oltre al parco cittadino
anche agli spazi verdi di quartiere, nonché al patrimonio lagunare, fluviale e
montano. Si tratta di elaborare una “visione di città” con metodi e contenuti
strategici che non può e non deve prescindere dall’elaborazione ed applicazione
di un progetto integrato di “mobilità sostenibile”, di spazi funzionali al
benessere animale ed dalla lotta comune per le bonifiche.
Trattasi di aspetti complessi che necessitano dell’affermazione
di un rapporto qualitativo tra istituzioni e comunità. Il Primo cittadino ha il
dovere di aprire ad una nuova fase, cambiando gli interlocutori che lo hanno
condotto in questa condizione, altrimenti irreversibile.
La città necessita di una nuova formula: la “Rete degli spazi
verdi e delle bellezze”. La Rete è una formula organizzativa in grado di rappresentare
gli interessi dei cittadini ad assicurarne la qualità nel lungo termine. Lo
scopo della Rete deve essere quello di: conservare, rivalutare e sviluppare i
valori naturali, paesaggistici e culturali; incoraggiare la formazione in campo
ambientale; rafforzare l’economia sostenibile ed incoraggiare la commercializzazione
di prodotti e servizi provenienti da essa.
Occorre riprendere la strada che guardava al cittadino come
elemento cognitivo della propria comunità, superando la mera e confusa indignazione
per renderlo coscientemente attivo. Non bisogna aver paura dei cittadini, ma
dei cattivi consiglieri.
La città si è recentemente dotata di un Piano urbanistico
che non può riassumersi in una medaglia da appendere al petto o in una
battaglia di basso profilo, personale ed autoreferenziale. Occorre che il Puc
venga integrato, adattato e subordinato ad un progetto strategico di crescita e
sviluppo. Altrimenti, rimarrà un successo ed una risorsa per pochi, nonché una
problematica ed onerosa delusione per molti. I tempi sono maturi per affermare
una dimensione di partecipazione vera, attraverso un “concorso di idee” in
grado di rendere un servizio alla città e nel contempo sollecitare nei giovani
interesse, cura del verde e riconoscimento nelle istituzioni. Un modo per
trasmettere conoscenza abbattendo i muri generazionali. E’ necessario bandire un
concorso che spinga gli interessati a mettere a disposizione della collettività
una idea progettuale per “mettere a sistema” gli spazi verdi urbani esistenti fino
ad integrarli con le bellezze naturali. La partecipazione pubblica alle fasi di
progettazione dei giardini è un modo funzionale al bisogno di innescare
processi spontanei di appropriazione che preservi gli spazi verdi da incuria e
vandalismo. La presenza di aree verdi ben tenute può estendere al tessuto
urbano circostante una tensione positiva; uno stimolo all’interesse collettivo
per l’identità, la storia, le funzioni e i ruoli ricoperti dai giardini nella
città, affinché possano scaturire effetti benefici per il mantenimento degli
stessi. Il “sistema” richiede l’organizzazione di un percorso ragionato di
funzioni e usi differenziati. Le aree oggetto di progettazione debbono essere
collegate idealmente in un percorso funzionale ad una fruizione diversificata,
sia in termini di composizione spaziale che di presenza di strutture ludiche ed
arboree, tale comunque da costituirsi in “sistema” di giardini pubblici. Dovrà
essere posto in evidenza l’emergere di una funzione sociale dell’impianto, in
rapporto alla possibilità di fruizione dell’intera Città.
Dobbiamo riportare gli asseminesi a godere del proprio
patrimonio ed attrarre nuova domanda di qualità. Assemini è ciò che insieme
siamo in grado di costruire e preservare. Ora spetta al Sindaco decidere.
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