lunedì 24 agosto 2015

Un concorso per la Rete dei parchi e delle bellezze


di Massimo Carboni
Tanto si è detto e scritto sullo stato del parco, dei giardini pubblici, degli spazi verdi e sulla mancata valorizzazione del patrimonio fluviale, lagunare e montano. Del loro degrado e della mancanza di funzionalità socioculturale ed economica. Un coro di proteste che si ripete quotidianamente e senza ricevere - da chi è stato chiamato a governare - risposte doverose, concrete ed innovative. Inoltre, è diventato normale accettare ciò che dovrebbe rientrare nella funzione tecnica di ordinaria amministrazione, come politicamente rilevante, abbassando ulteriormente il livello del confronto e spingendo la “rivoluzione” promessa ed auspicata nel vortice dell’involuzione formale e sostanziale.
Appare chiaro come accanto alla meritata “insufficienza” sull’articolata pagella del Sindaco, stia crescendo una forma di inaccettabile menefreghismo civico. Il degrado porta degrado, ma entrambe le forme sono “male assoluto”. Bisogna partire da questo aspetto per cambiare traiettoria e rilanciare l’azione di governo municipale, facendo percepire ed assumere coscientemente anche gli spazi verdi come una risorsa, per noi e per le future generazioni. Del resto, gli errori del passato, devono servire a non ripeterli, piuttosto che essere usati come “arma difensiva”. Errori reiterati e largamente influenzati dalla pericolosa inadeguatezza della Giunta e dei “consiglieri” del Sindaco (quelli che in giro scaricano le proprie responsabilità, dicendo “non ci ascolta”). Occorre riaccendere la speranza in noi cittadini.
Nessuna forma di cambiamento “in meglio” può prescindere dalla capacità di elaborare processi innovativi senza recuperare, mantenere e valorizzare le strutture esistenti. Aspetti di fondamentale rilevanza che possono produrre miglioramento se coniugati con la capacità e la volontà politica di costruire un “sistema del verde” che sia “diversamente” fruibile, sicuro, caratteristico, di qualità. Questo, perché occorre concepire il verde urbano come un patrimonio, riorganizzandolo per sistemi e tipologie al fine di caratterizzare la città, migliorare la qualità della vita e renderla attrattiva con finalità più ampie ed articolate. Puntare sull’equilibrio ecologico e paesaggistico, significa dare un’anima agli spazi verdi affinché siano attrazione e sviluppo culturale, ricreativo e sportivo, integrati in una dimensione del verde unitaria e continua. Uno spazio ampio, nuovo ed in grado si soddisfare bisogni e necessità, ma anche etico in grado di favorire relazioni umane; corrispondenze e relazioni tra luoghi, persone, memorie, valori globali e territoriali. Uno spazio estetico da cui far partire nuove ed avvincenti forme di bellezza diffusa.  
Lo stato del verde urbano è fermo da 18 anni ed ha perso la sua funzione generatrice di plusvalore. Questa fase di saturazione deve essere superata innovando. È giunto il momento di rimettere ordine, lasciando alle competenze tecniche il dovere di tenerlo decoroso ed alla politica il compito di “riformare”, azzerando i costi e destinando le risorse in investimenti produttivi.
Secondo l’ISTAT la media di verde urbano per cittadino in Italia è pari a 30 mq. La costante e progressiva riduzione dei trasferimenti ai comuni e la già penalizzante pressione fiscale e tributaria, non consentono ulteriori spese e gestioni “allegre”, ma rispetto e cura delle fonti di finanziamento e della destinazione delle risorse. Occorre partire dal patrimonio esistente, sia urbano sia naturale, per costruire un nuovo modello di fruizione incentrato su adeguate formule gestionali che includano anche le aree naturali finora trascurate. È necessario avviare  una nuova definizione delle tipologie del verde urbano per consentirne uno sviluppo armonico del futuro della “città che vogliamo”, ma anche un maggior coinvolgimento dei cittadini, dando valenza “di sistema” oltre al parco cittadino anche agli spazi verdi di quartiere, nonché al patrimonio lagunare, fluviale e montano. Si tratta di elaborare una “visione di città” con metodi e contenuti strategici che non può e non deve prescindere dall’elaborazione ed applicazione di un progetto integrato di “mobilità sostenibile”, di spazi funzionali al benessere animale ed dalla lotta comune per le bonifiche.
Trattasi di aspetti complessi che necessitano dell’affermazione di un rapporto qualitativo tra istituzioni e comunità. Il Primo cittadino ha il dovere di aprire ad una nuova fase, cambiando gli interlocutori che lo hanno condotto in questa condizione, altrimenti irreversibile.
La città necessita di una nuova formula: la “Rete degli spazi verdi e delle bellezze”. La Rete è una formula organizzativa in grado di rappresentare gli interessi dei cittadini ad assicurarne la qualità nel lungo termine. Lo scopo della Rete deve essere quello di: conservare, rivalutare e sviluppare i valori naturali, paesaggistici e culturali; incoraggiare la formazione in campo ambientale; rafforzare l’economia sostenibile ed incoraggiare la commercializzazione di prodotti e servizi provenienti da essa.
Occorre riprendere la strada che guardava al cittadino come elemento cognitivo della propria comunità, superando la mera e confusa indignazione per renderlo coscientemente attivo. Non bisogna aver paura dei cittadini, ma dei cattivi consiglieri.
La città si è recentemente dotata di un Piano urbanistico che non può riassumersi in una medaglia da appendere al petto o in una battaglia di basso profilo, personale ed autoreferenziale. Occorre che il Puc venga integrato, adattato e subordinato ad un progetto strategico di crescita e sviluppo. Altrimenti, rimarrà un successo ed una risorsa per pochi, nonché una problematica ed onerosa delusione per molti. I tempi sono maturi per affermare una dimensione di partecipazione vera, attraverso un “concorso di idee” in grado di rendere un servizio alla città e nel contempo sollecitare nei giovani interesse, cura del verde e riconoscimento nelle istituzioni. Un modo per trasmettere conoscenza abbattendo i muri generazionali. E’ necessario bandire un concorso che spinga gli interessati a mettere a disposizione della collettività una idea progettuale per “mettere a sistema” gli spazi verdi urbani esistenti fino ad integrarli con le bellezze naturali. La partecipazione pubblica alle fasi di progettazione dei giardini è un modo funzionale al bisogno di innescare processi spontanei di appropriazione che preservi gli spazi verdi da incuria e vandalismo. La presenza di aree verdi ben tenute può estendere al tessuto urbano circostante una tensione positiva; uno stimolo all’interesse collettivo per l’identità, la storia, le funzioni e i ruoli ricoperti dai giardini nella città, affinché possano scaturire effetti benefici per il mantenimento degli stessi. Il “sistema” richiede l’organizzazione di un percorso ragionato di funzioni e usi differenziati. Le aree oggetto di progettazione debbono essere collegate idealmente in un percorso funzionale ad una fruizione diversificata, sia in termini di composizione spaziale che di presenza di strutture ludiche ed arboree, tale comunque da costituirsi in “sistema” di giardini pubblici. Dovrà essere posto in evidenza l’emergere di una funzione sociale dell’impianto, in rapporto alla possibilità di fruizione dell’intera Città.
Dobbiamo riportare gli asseminesi a godere del proprio patrimonio ed attrarre nuova domanda di qualità. Assemini è ciò che insieme siamo in grado di costruire e preservare. Ora spetta al Sindaco decidere.      

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