ViviAssemini: «quattro anni di vuoto politico per cavalcare il malessere»
Il futuro della nostra città è legato alla
capacità di dare ad essa un’anima. Bisogna riscoprire e valorizzare l’identità
e la specificità per favorire la crescita e lo sviluppo; per governare la
globalizzazione. Non basta sentirsi sardi, bisogna trasformare il sentimento in
coscienza; in stile di vita e di governo. Assemini è sempre più una città
dormitorio abbandonata al destino. Il Sindaco non governa e la sua maggioranza
non ha indirizzo politico. La sardità, per loro, è solo uno strumento.
Il 28 aprile ricorreva “Sa die de sa
Sardigna”, ma ad Assemini non si è tenuta alcuna iniziativa. Nemmeno una
lettera agli studenti, troppo spesso ignari o un messaggio sul sito
istituzionale. In questi quattro anni di governo la Sardegna e le sue
difficoltà sono state solo strumentalizzate, senza trovare alcuna risposta
pratica nelle competenze del Consiglio comunale, della Commissione cultura e
della Giunta. Le poche iniziative che faticosamente erano state avviate in
passato sono state cancellate. Chiuso lo Sportello Lingua Sarda ed il Centro
pilota della ceramica; cancellata la rassegna del Folklore Internazionale. Non
sono stati redatti i progetti sul bilinguismo, sulla toponomastica e sulla
divulgazione della storia e delle tradizioni locali. Non è ancora stata
formalmente tutelata e valorizzata la produzione, la promozione e la commercializzazione
de Sa Panada; neanche della ceramica artistica. Nemmeno una proposta in ambito
Città Metropolitana. Assemini è stata indirizzata nel vuoto e piegata agli
interessi dei grandi gruppi economici. La classe dirigente si è mostrata
inadeguata davanti alle sfide che i processi storici pongono al nostro livello
di governo, rafforzando lo stesso sistema che contestano.
Non si può sostenere di amare la Sardegna ed al contempo infischiarsi della propria città. Non si può ancora sperare che le scelte verticistiche risolvano tutti i problemi. Perché, così facendo, si affievolisce la specificità locale e le sue risorse più intime, affermando nuove forme di centralismo utili solo ad alimentare la banalità delle personali ambizioni mediatiche preelettorali.
Non si può sostenere di amare la Sardegna ed al contempo infischiarsi della propria città. Non si può ancora sperare che le scelte verticistiche risolvano tutti i problemi. Perché, così facendo, si affievolisce la specificità locale e le sue risorse più intime, affermando nuove forme di centralismo utili solo ad alimentare la banalità delle personali ambizioni mediatiche preelettorali.