L’Amministrazione comunale
di Assemini (CA) ha deciso di impegnarsi per valorizzare la via Cagliari. Una
scelta politica importante visto che tale strada, nel passato amministrativo, è
sempre stata esclusa da ogni manifestazione pubblica qualificante. La via
Cagliari è stata commercialmente importante, oggi tangibile espressione della
crisi che dilaga. È stata la fortuna di molte imprese in un periodo in cui il
benessere sembrava perdonare tutto. Dopo il prevedibile flop dell’iniziativa pubblica
del 20 settembre scorso, in concomitanza della “Settimana europea della
mobilità sostenibile”, la Giunta pentastellata ci riprova con la “Festa della
birra”. Non si tratta certo di una iniziativa identitaria, culturale e nemmeno
educativa, ma indiscutibilmente gradita al grande pubblico. Il punto è sempre
lo stesso: quale è lo scopo?
Se l’obiettivo di una
iniziativa pubblica è investire per rivitalizzare le piccole attività
imprenditoriali facendo star bene i cittadini, l’organizzazione non potrà che
mirare alla creazione di animazione, fiducia, utile d’impresa e benessere del
lavoratore. Se poi le iniziative dovessero continuare in maniera sistemica e
integrata, ne beneficerebbe l’impellente bisogno di “consolidamento” di una
parte importante della “base economica” locale. A tal proposito, ViviAssemini ha già proposto
l’istituzione della “Consulta delle associazioni” in cui tutte le istituzioni
sociali possano ritrovarsi anche per elaborare un programma di iniziative di breve,
medio e lungo termine finalizzate a superare il modello “del costo” fine a se
stesso con quello “dell’investimento” per raggiungere obiettivi chiari,
qualificanti, sistemici e produttivi di utilità. Questo perché ogni iniziativa
ha un costo che pagano i contribuenti e, fino ad oggi, è stata spesa una marea
di denaro senza comprensibili risultati in termini di gradimento e produttività
della spesa pubblica. Questo in una realtà sociale caratterizzata da
insicurezza, crescente invivibilità, altissimo tasso di inquinamento, basso livello
di scolarizzazione, oltre 7 mila disoccupati, più di 600 famiglie in stato di
grave povertà, un numero crescente di sfrattati per morosità incolpevole destinati
ad allungare la fila dei bisognosi alla Caritas e all’ufficio delle politiche
sociali.
Chi ha studiato discipline
sull’organizzazione oppure ha operato in grandi strutture organizzate sa bene che
occorre operare “per priorità” e che vi sono elementi essenziali che non
possono essere trascurati ed elementi accessori utili per migliorare il
risultato sperato. Anche i politici devono avere un ritorno d’immagine, ma
indiretto. Se fosse diretto, si perderebbero di vista le priorità e l’obiettivo
principale con prevedibili rischi di cattiva e improduttiva riuscita di ogni iniziativa.
Allo stesso modo, non si può prescindere dall’individuazione del pubblico a cui
una manifestazione è diretta per poi adoperarsi con efficacia attraverso azioni
di promozione e di marketing. L’economia non è una scienza esatta, quindi più
sono le variabili considerate, maggiore sarà la possibilità di raggiungere
l’obiettivo prefissato.
Nella fattispecie concreta, dopo
aver cancellato le manifestazioni di natura folkloristico-identitarie, l’Amministrazione
comunale ipotizza di puntare sul coinvolgimento dei “birrai” provenienti da fuori.
Sarebbero questi i protagonisti della “Festa della birra” con il loro prodotto
da vendere in strada senza pagare tasse. Migliaia di persone saranno attratte
dall’evento e potranno liberamente bere confrontando vari sapori. Quale sarà il
ruolo degli esercenti locali? Potrebbero “contare fino a dieci” e mettersi
d’accordo con i “birrai”, ma non si conoscono. Potrebbero offrire la logistica:
bagni ed energia elettrica. Potrebbero raccogliere l’immondizia dalla strada sino
a notte fonda per far fare bella figura agli artigiani birrai. Potrebbero
adoperarsi durante la manifestazione per impedire la fuoriuscita dei miasmi
fognari. Ma tutto ciò, ci allontanerebbe dall’obiettivo principale perché gli
unici a guadagnare comodamente sarebbero i “birrai”, provenienti da fuori.
Manca anche il “Piano b”. Se dovesse piovere cosa succederebbe alle migliaia di
persone accorse nella Città ancora ad alto rischio allagamenti in un periodo di
altalenanti “allarmi meteo”?
Noi non volgiamo fare alcuna
polemica e non vogliamo contrapporci in maniera sterile a tale iniziativa
(tutti abbiamo cose più importanti da fare), però non si faccia passare come
utile alla valorizzazione della via Cagliari e delle attività economiche ivi
localizzate una festa che serve solo all’immagine della Giunta.
Rispetto alla festa della
birra, guardiamo con maggiore interesse a quella della vendemmia, ad esempio.
Perché riteniamo che Assemini debba darsi un’anima, puntando sulla propria
identità che consideriamo un “fattore della produzione” al pari della
conoscenza, della terra, del capitale e del lavoro. Ed è proprio dalla
combinazione di questi fattori che si crea ricchezza. Bisogna definire un
modello di sviluppo “endogeno”, un progetto di città e agire per la sua
attuazione. La festa della vendemmia (sempre come esempio) necessita di una
logistica più semplice e può trasmettere alle nuove generazioni un momento
culturale ed educativo. Può svolgersi come vetrina dell’artigianato, dell’arte,
della cultura, della musica, delle tradizioni popolari e delle produzioni
locali. Può valorizzare le conoscenze e la funzione degli anziani facendoli
uscire dall’isolamento indotto. Insomma, vediamo nella “Festa della vendemmia”
un momento di unione generazionale; di creazione di un necessario spirito di
comunità. Forse la “Festa della vendemmia” attirerebbe meno visitatori della
“Festa della birra”, ma lascerebbe i soldi ad Assemini rispettando i principi
della spesa pubblica, le promesse della Giunta e le attese degli operatori.
Perplessità e proposte che sono state espresse pubblicamente all’assessore. Ossia
da coloro che attendono ancora una bozza di programma da cui poter capire il
proprio ruolo, mentre sulla rete gira la locandina di un evento già definito
anche nei dettagli.