lunedì 6 ottobre 2014

Cresce la povertà, il Puc non risolverà nulla. La strada è il “Sistema Sardegna”



Il Puc, anche se utile e necessario, non rappresenta automaticamente la soluzione alla crisi socioeconomica locale. È necessario che il Comune elabori una strategia di sviluppo e crescita per concorrere a consolidare la base economica, per creare nuove opportunità lavorative e superare i profondi ritardi infrastrutturali. In quindici mesi non si può rivoluzionare una città, ma bisogna pur iniziare prima che scada il mandato.

Rileviamo come per l’attuale amministrazione comunale asseminese, la pianificazione urbanistica, sia intesa come elemento cruciale - se non unico - delle politiche per la crescita e per lo sviluppo sociale ed economico. Un Puc non produce effetti automatici nei contesti di crescita, ancora meno in una fase di profonda e preoccupante recessione. La crisi è destinata a durare e anche i Comuni devono assumere un ruolo attivo per contrastarla. Da un lato occorre concorrere al consolidamento ed al miglioramento della funzionalità delle imprese esistenti, dall’altro creare nuove opportunità di investimento per favorire nuovi stipendi. I Comuni devono diventare un sistema, non un sub-sistema. La valorizzazione dell’impresa territoriale deve guardare ai mercati con coraggio sostenuto. Occorre valorizzare una forma di mercato che sia sociale e civile e completarla con l’attinenza territoriale. Occorre investire nella definizione di una relazione diretta tra ambiente e società; con le micro/piccole imprese locali e vedere negli abitanti dei detentori di conoscenze. Il Comune deve assumere un ruolo chiave attraverso la buona amministrazione, l’animazione economica attraverso attori locali, la ricerca di partners non istituzionali, la stimolazione di strategie locali, la connessione con gli indirizzi della collettività. Insomma, deve essere espressione del sistema produttivo locale. Come asserito più volte dal M5s al governo cittadino, durante la campagna elettorale, Assemini gode di una localizzazione favorevole; di un patrimonio ambientale, identitario e culturale di primario livello. Occorre passare ai fatti, uscire dall’isolamento e sentirsi culturalmente parte di uno stesso “Sistema Sardegna” per collaborare con spirito propositivo alla definizione ed alla conseguente attuazione di politiche integrate per superare i ritardi infrastrutturali che scoraggiano lo sviluppo produttivo ed ecosostenibile della nostra Isola. La Regione sarda non deve essere vista come un nemico, ma come un interlocutore. Gli altri comuni non devono essere considerati concorrenti, ma alleati. Assemini rappresenta una delle prime dieci città sarde ed occorre che il pensiero e l’azione propositiva emerga nelle sedi a tal scopo preposte. Bisogna investire e per farlo bisogna reperire fondi dove ci sono, ossia in Europa. Impiegare per ogni cosa fondi derivanti dall’aumento della tassazione comunale non è la strada da percorrere. L’organizzazione e l’avvio di un “Ufficio europeo”, finalizzato a monitorare le opportunità e trasformarle in progetti, è una priorità. Le fasce sociali deboli vanno tutelate con un processo di adeguamento della macchina amministrativa alle opportunità offerte anche dalla Regione e dal Governo.


Occorrono politiche sociali innovative capaci di assicurare il rispetto della dignità umana ed in grado di far fronte alle possibili emergenze del futuro. Questo deve avvenire con progetti strutturali, superando elargizioni una tantum troppo spesso slegate dalle opportune verifiche e dalle conseguenti prestazioni di lavoro o di servizio. Ciò che viviamo, altro non è che il risultato di azioni sbagliate o peggio di omissioni politiche. 

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