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Fonte Canalis - Assemini (CA) |
Se ad Assisi, Faenza o Viterbo avessero ragionato come gli
attuali amministratori asseminesi, oggi nessuno potrebbe conoscere ed
apprezzare un così vasto patrimonio culturale. La cultura è anche economia e
questa è sostenibile se incentrata sulla conoscenza e sulle funzioni sociali e
civili del mercato.
Ad Assemini cresce la povertà. Il degrado cancella i contorni
di una città sempre più periferica. L’anonimato imperversa, annientando ogni
traccia di quel passato che dovrebbe guidarci per mitigare il presente e condizionare
i futuro. I bisogni dei cittadini sono elusi dagli effetti dell’autoreferenzialità
diffusa. Assemini non può essere ridotta ad un prodotto qualsiasi del “supermercato
globale”, ma deve tracciare un percorso strategico ancorato alla sua identità
affinché diventi protagonista di un cambiamento rispettoso delle logiche di
sistema.
Chi è chiamato dagli elettori ad amministrare la cosa
pubblica deve agire con una visione definita ed inclusiva, tale da non esporci passivamente
anche ai venti più deboli. Deve distinguere l’ordinaria amministrazione da
quella straordinaria. Solo così potrà superare il becero populismo e rifiutare la
standardizzazione che vuole tutti uguali e destinatari passivi di un modello centralista malsano ed
improduttivo che ha portato i sardi alla rovina. La Sardegna ha bisogno di
crescere in maniera armonica, tranciando quel cordone ombelicale che ci
mantiene in vita senza possibilità di maturare. In gioco non vi è la carriera
di singoli politici o l’affermazione di simboli partitici, ma il futuro di un
popolo.
Ogni città è parte del sistema Sardegna, a sua volta collocato
in più ampi scenari istituzionali. In tale ambito deve contribuire alla
crescita ed allo sviluppo. Ha il dovere politico di mettere in campo azioni
virtuose ed innovative a tutela della dignità individuale e sociale. Deve
creare le condizioni affinché si superino i ritardi strutturali e si sviluppino
sempre nuove e crescenti opportunità. Il percorso è complesso ed occorre uscire
subito dalla cultura catastrofica dell’attendismo e del dipendentismo. Non
esistono “mani invisibili” che sistemano tutto, né primi ministri che possono occuparsi
del particolare. Esiste l’esigenza di attuare politiche attive legate alle potenzialità
territoriali e di un’autonomia che deve crescere. Alcuni comuni sardi lo fanno,
creando ogni giorno nuove occasioni e bellezza da divulgare con sano orgoglio.
Esiste una sola strada da percorrere: uscire dal desolante isolamento,
rimboccarsi le maniche e fare sistema, partendo dalle risorse disponibili per
caratterizzare la città. La vita non è un Social Network dove basta un clic per
cancellare ciò che non ci piace. Oltre lo schermo, fuori, nelle strade, nelle
scuole, nelle case ed in ogni attività economica non esistono tasti liberatori.
Ci vogliono analisi, apertura mentale, pianificazioni, strategie, fatti. Assemini
deve riscoprire e puntare sulla sua identità facendo di questo fattore un
volano per uno sviluppo territoriale. Non c’è più tempo da perdere: occorre bloccare
lo sperpero di denaro pubblico per incentivare e sostenere la ricerca e la
catalogazione della nostra storia. Per valorizzare pienamente le risorse naturali
e culturali presenti e nascoste, compresa la nostra lingua. Insegnare e divulgare
ogni potenzialità per passare dal sentimento alla coscienza della nostra
sardità elevandola a rango di fattore della produzione al pari della terra, del
capitale, del lavoro e della conoscenza. Dobbiamo uscire da questo stato di
ibernazione ed attivarci con azioni logiche che facciano conoscere il nostro
territorio per stimolare nuove e vincenti iniziative economiche.
Occorre interagire con le famiglie e con le scuole. Con loro
bisogna trovare un metodo condiviso per formare individui responsabilmente
liberi in grado di sapere chi sono stati per poi scegliere chi e cosa essere.
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