venerdì 23 settembre 2016

Olimpiadi. Tutta l’inaffidabilità dei partiti, dei leader e dei loro pappagalli



«Abbiamo ritenuto di dover essere molto responsabili in questo momento della vita italiana», scandiva il Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Monti, il 14 febbraio 2012. Concetto ripreso e sostenuto dall’ampia maggioranza parlamentare (al Senato: 281 voti favorevoli, 25 contrari e nessun astenuto; alla Camera dei deputati: 556 voti favorevoli, 61 contrari e nessun astenuto) che unita definiva la scelta di non candidare Roma alle Olimpiadi come «responsabile e non di sfiducia».
«Non pensiamo sarebbe coerente impegnare l’Italia in quest’avventura che potrebbe mettere a rischio i denari dei contribuenti», rimarcava Monti con il sostegno dei leader opportunisti dei partiti della maggioranza trasversale di allora che andava da sinistra a destra, passando per il centro.

Mario Monti spense così il sogno di candidare la Capitale perché il governo non intendeva garantire la copertura finanziaria destinata statisticamente e mediamente ad incrementi di costo del 170% rispetto a quelli preventivati.

«Abbiamo esaminato il progetto con grande attenzione sia nelle sue parti generali, sia nella molto approfondita analisi economica – disse Mario Monti in conferenza stampa – Il Comitato olimpico internazionale richiede che ci sia anche una lettera del Capo del governo che faccia assumere al governo stesso un impegno di garanzia finanziaria. Il governo deve impegnarsi a coprire ogni eventuale deficit. Il nostro governo ha riflettuto profondamente su questo aspetto e dopo una discussione approfondita e sofferta siamo arrivati alla conclusione unanime – è l’annuncio dell’esecutivo – che il governo non si sente, non sarebbe responsabile di assumere questo impegno di garanzia. Abbiamo dovuto essere responsabili, non ce la sentiamo di prendere un impegno finanziario che potrebbe gravare. Non pensiamo sarebbe coerente impegnare l’Italia in questa garanzia che potrebbe mettere a rischio i denari dei contribuenti».

Sul No del governo hanno pesato anche altri due fattori: «l’intento di evitare che la “percezione” positiva faticosamente guadagnata presso mercati e istituzioni Ue sia messa in dubbio e il “piano di rientro” molto “esigente” richiesto dall’Europa sul fronte del debito pubblico».

La scelta dell’esecutivo è stata dettata da due motivi principali: «crisi economica ancora in atto e incertezza sui reali costi dell’impresa». Il riferimento è ad Atene 2004 e Londra 2012: «le Olimpiadi hanno comportato conseguenze negative altissime per l’economia del Paese ellenico, mentre per i Giochi di Londra i costi sono già raddoppiati». Condizioni, queste, che hanno indotto Mario Monti e la sua larga e trasversale maggioranza a «perdere un’occasione da novanta per lo sviluppo italiano pur di non correre il rischio di trovarsi tra le mani una patata bollente che rischia di vanificare l’azione del governo».

Insomma, che al peggio non vi sia limite si sapeva, ma che ora questi politicanti si ergano pure a cattedratici sarebbe persino esilarante se non fosse che sono stati e continuano ad essere la principale causa dei nostri mali.  

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