«Abbiamo
ritenuto di dover essere molto responsabili in questo momento della vita
italiana», scandiva il Presidente del Consiglio
dei Ministri, Mario Monti, il 14 febbraio 2012. Concetto ripreso e sostenuto
dall’ampia maggioranza parlamentare (al Senato: 281 voti favorevoli, 25
contrari e nessun astenuto; alla Camera dei deputati: 556 voti favorevoli, 61
contrari e nessun astenuto) che unita definiva la scelta di non candidare Roma
alle Olimpiadi come «responsabile e non di sfiducia».
«Non
pensiamo sarebbe coerente impegnare l’Italia in quest’avventura che potrebbe
mettere a rischio i denari dei contribuenti»,
rimarcava Monti con il sostegno dei leader opportunisti dei partiti della
maggioranza trasversale di allora che andava da sinistra a destra, passando per
il centro.
Mario Monti spense così il sogno
di candidare la Capitale perché il governo non intendeva garantire la copertura
finanziaria destinata statisticamente e mediamente ad incrementi di costo del
170% rispetto a quelli preventivati.
«Abbiamo
esaminato il progetto con grande attenzione sia nelle sue parti generali, sia
nella molto approfondita analisi economica – disse Mario Monti in conferenza
stampa – Il Comitato olimpico internazionale richiede che ci sia anche una
lettera del Capo del governo che faccia assumere al governo stesso un impegno
di garanzia finanziaria. Il governo deve impegnarsi a coprire ogni eventuale
deficit. Il nostro governo ha riflettuto profondamente su questo aspetto e dopo
una discussione approfondita e sofferta siamo arrivati alla conclusione unanime
– è l’annuncio dell’esecutivo – che il governo non si sente, non sarebbe
responsabile di assumere questo impegno di garanzia. Abbiamo dovuto essere
responsabili, non ce la sentiamo di prendere un impegno finanziario che
potrebbe gravare. Non pensiamo sarebbe coerente impegnare l’Italia in questa
garanzia che potrebbe mettere a rischio i denari dei contribuenti».
Sul No del governo hanno pesato
anche altri due fattori: «l’intento di evitare che la
“percezione” positiva faticosamente guadagnata presso mercati e istituzioni Ue
sia messa in dubbio e il “piano di rientro” molto “esigente” richiesto
dall’Europa sul fronte del debito pubblico».
La scelta dell’esecutivo è stata
dettata da due motivi principali: «crisi
economica ancora in atto e incertezza sui reali costi dell’impresa». Il riferimento è ad Atene 2004 e Londra 2012: «le Olimpiadi hanno comportato conseguenze negative altissime
per l’economia del Paese ellenico, mentre per i Giochi di Londra i costi sono
già raddoppiati». Condizioni, queste, che hanno
indotto Mario Monti e la sua larga e trasversale maggioranza a «perdere un’occasione da novanta per lo sviluppo italiano pur
di non correre il rischio di trovarsi tra le mani una patata bollente che
rischia di vanificare l’azione del governo».
Insomma,
che al peggio non vi sia limite si sapeva, ma che ora questi politicanti si ergano
pure a cattedratici sarebbe persino esilarante se non fosse che sono stati e
continuano ad essere la principale causa dei nostri mali.
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