lunedì 30 marzo 2015

La Panada non è tra le specialità gastronomiche della Sardegna

Basta con la sudditanza ed il piagnisteo.
Assemini punti sullo sviluppo territoriale


L’Amministrazione comunale di Assemini stenta a comprendere il ruolo che una città deve assumere nello scenario socioeconomico e culturale della Sardegna. Ne è un esempio la Panada asseminese. Questa continua a rimanere una pietanza locale dalle enormi potenzialità culturali e produttive. Manca un’azione politica incisiva capace di valorizzarla oltre i confini della città ed anche al suo interno. Nel frattempo, l’unica Panada promossa anche dal sito della Regione Sarda (Sardegna Turismo) è quella di Oschiri. 

È molto grave che parte delle risorse asseminesi continuino ad essere tirate in ballo durante le promettenti campagne elettorali senza poi trovare un progressivo, sistemico, qualificante e produttivo riscontro pratico. La Panada continua a non essere annoverata tra i “piatti tipici” regionali nemmeno nel sito regionale “Sardegna Turismo”, oscurata dalle pur eccellenti panadine di Oschiri. Infatti, basta cliccare sul motore di ricerca dello stesso sito istituzionale la parola chiave “Panada” ed appare solo il prodotto gallurese ed il percorso da seguire per raggiungere l’accogliente località. Da troppo tempo Assemini registra uno sviluppo molto debole. Esaurendosi i fattori che avevano generato la sua traiettoria di crescita, Assemini è in una fase di sostanziale stallo economico con pesanti ripercussioni identitarie, sociali, culturali ed ambientali. L’economia è il punto cruciale attorno a cui si generano i problemi ma anche attorno a cui si trovano le soluzioni. Diversamente da molte altre città, Assemini continua a non dare importanza ai segni di indebolimento della sua struttura socioeconomica, all’affievolimento delle sue capacità generative ed attrattive. Continua a non anticipare ed a non predisporsi per affrontare i cambiamenti richiesti dal contesto globale di “competizione territoriale”, causando una caduta del livello delle aziende in esercizio ed indebolendo ulteriormente quelle che si trovavano già in difficoltà. Una accentuazione dell’incertezza sul futuro della città stessa che non ha registrato, nemmeno da parte delle associazioni di categoria, sufficiente capacità reattiva ed una incisiva azione propositiva. I comuni non sono una istituzione astratta, tantomeno succursali passive o feudi del pianto. Al contrario, sono luoghi in cui emergono problemi, ma anche dove possono trovarsi soluzioni, favorendo l’innovazione scientifica, tecnologica e culturale, rispetto al singolo e rispetto alla comunità. Sono ambienti capaci di sfuggire alla dannosa standardizzazione che ci impoverisce, anteponendo progetti di valorizzazione identitaria.

Non esiste alcuna “mano invisibile” che aggiusta tutto, esiste un mercato che va coniugato con le esigenze etiche e sociali. La politica degli Enti locali deve essere capace di superare i ritardi infrastrutturali per creare opportunità ed alternative, superando il dilagante piagnisteo e la sindrome da comoda sudditanza. Nulla di ciò che accade è riconducibile al caso, ma alle nostre azioni o alle nostre omissioni. Il Governo italiano potrà anche rimettere in moto la macchina Italia, ma non vi sarà mai un automatico accrescimento del nostro benessere. Questo sarà solo il risultato principalmente della capacità della nostra classe dirigente di trasformare opportunità in concretezze. Perciò occorre che il Sindaco smetta di navigare a vista ed attivi la macchina amministrativa per produrre sicurezza, vivibilità, crescita e sviluppo partendo dalle risorse disponibili. L’identità è un fattore della produzione.

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