Basta con la sudditanza ed il piagnisteo.
Assemini punti sullo sviluppo territoriale
L’Amministrazione comunale di Assemini
stenta a comprendere il ruolo che una città deve assumere nello scenario
socioeconomico e culturale della Sardegna. Ne è un esempio la Panada asseminese.
Questa continua a rimanere una pietanza locale dalle enormi potenzialità culturali
e produttive. Manca un’azione politica incisiva capace di valorizzarla oltre i
confini della città ed anche al suo interno. Nel frattempo, l’unica Panada
promossa anche dal sito della Regione Sarda (Sardegna Turismo) è quella di
Oschiri.
È molto grave che parte delle risorse asseminesi
continuino ad essere tirate in ballo durante le promettenti campagne elettorali
senza poi trovare un progressivo, sistemico, qualificante e produttivo
riscontro pratico. La Panada continua a non essere annoverata tra i “piatti
tipici” regionali nemmeno nel sito regionale “Sardegna Turismo”, oscurata dalle
pur eccellenti panadine di Oschiri. Infatti, basta cliccare sul motore di
ricerca dello stesso sito istituzionale la parola chiave “Panada” ed appare
solo il prodotto gallurese ed il percorso da seguire per raggiungere l’accogliente
località. Da troppo tempo Assemini registra uno sviluppo molto debole.
Esaurendosi i fattori che avevano generato la sua traiettoria di crescita,
Assemini è in una fase di sostanziale stallo economico con pesanti ripercussioni
identitarie, sociali, culturali ed ambientali. L’economia è il punto cruciale
attorno a cui si generano i problemi ma anche attorno a cui si trovano le
soluzioni. Diversamente da molte altre città, Assemini continua a non dare
importanza ai segni di indebolimento della sua struttura socioeconomica,
all’affievolimento delle sue capacità generative ed attrattive. Continua a non
anticipare ed a non predisporsi per affrontare i cambiamenti richiesti dal contesto
globale di “competizione territoriale”, causando una caduta del livello delle
aziende in esercizio ed indebolendo ulteriormente quelle che si trovavano già
in difficoltà. Una accentuazione dell’incertezza sul futuro della città stessa
che non ha registrato, nemmeno da parte delle associazioni di categoria,
sufficiente capacità reattiva ed una incisiva azione propositiva. I comuni non sono
una istituzione astratta, tantomeno succursali passive o feudi del pianto. Al
contrario, sono luoghi in cui emergono problemi, ma anche dove possono trovarsi
soluzioni, favorendo l’innovazione scientifica, tecnologica e culturale,
rispetto al singolo e rispetto alla comunità. Sono ambienti capaci di sfuggire
alla dannosa standardizzazione che ci impoverisce, anteponendo progetti di
valorizzazione identitaria.
Non esiste alcuna “mano
invisibile” che aggiusta tutto, esiste un mercato che va coniugato con le
esigenze etiche e sociali. La politica degli Enti locali deve essere capace di
superare i ritardi infrastrutturali per creare opportunità ed alternative,
superando il dilagante piagnisteo e la sindrome da comoda sudditanza. Nulla di
ciò che accade è riconducibile al caso, ma alle nostre azioni o alle nostre
omissioni. Il Governo italiano potrà anche rimettere in moto la macchina
Italia, ma non vi sarà mai un automatico accrescimento del nostro benessere.
Questo sarà solo il risultato principalmente della capacità della nostra classe
dirigente di trasformare opportunità in concretezze. Perciò occorre che il
Sindaco smetta di navigare a vista ed attivi la macchina amministrativa per
produrre sicurezza, vivibilità, crescita e sviluppo partendo dalle risorse
disponibili. L’identità è un fattore della produzione.
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