Parliamo
tutti spesso di trasparenza. Ma cosa significa trasparenza? Significa forse
pubblicità? Significa rendere pubblico qualcosa per dimostrare di non dovere
avere paura di niente? Significa chiedere che venga dichiarato cosa fa Tizio o
quanto guadagna Caio per non dover spiare più dal buco della serratura?
La trasparenza è la proiezione sostanziale del principio di
uguaglianza. Per confutare questa idea vorrei brevemente raccontarvi una
storia. Si parla spesso di giustizia, sapete quando è nata la trasparenza? Nel 304 a.C.
quando un liberto, di nome Gneo Flavio, pubblicò il calendario dei Dies Fasti e dei Dies Nefasti, destando lo scalpore dei sacerdoti.
Prima di quella data, se uno voleva portare avanti una causa, se la
presentava nei giorni fasti veniva accolta; se la presentava nei giorni nefasti
veniva rigettata. Ovviamente solo i sacerdoti erano custodi del calendario; per
questo solo loro potevano chiedere e ottenere giustizia. Ma quando quel
calendario venne reso pubblico, da allora tutti poterono difendere le ragioni
del civis.
Gneo Flavio non si limitò a pubblicare il calendario; pubblicò anche il
testo delle legis actiones, il
formulario delle regole processuali con cui chiedere giustizia. Da quel momento
non fu più il giorno in cui veniva presentata la causa il discrimine tra il
rigetto e l’accoglimento della domanda. Ma il rispetto della giustizia e della
legge. Da allora, da un atto di trasparenza, si è cominciato a dare sostanza al
principio per cui tutti possono essere uguali davanti alla legge, senza dover
essere difesi da una casta di sacerdoti.
Questa é la trasparenza. Anche per noi oggi, nell’approvazione del
bilancio consuntivo e preventivo, la trasparenza deve essere intesa in senso
ampio, come proiezione sostanziale del principio di uguaglianza. Significa dire
oggi come vengono usati i soldi. Significa dare tracciabilità del proprio
impegno politico. Significa rendicontare quello che si fa. Perché la politica non deve fare promesse. Deve mantenerle.
Trasparenza significa dire oggi che la politica non è più appannaggio
esclusivo di una classe di sacerdoti, arroccata nel mantenimento dei propri
privilegi. Significa dire che tutti possono avere accesso alla politica. Ma
fare politica non è per tutti. Richiede sacrificio, sudore, senso di
responsabilità, orgoglio e bellezza per mettersi al servizio del bene comune e
non dei propri interessi personali.
In breve, trasparenza significa: uguaglianza, parità di accesso,
competizione di entusiasmi e idee.
Arrivo alle conclusioni, soffermandomi sul ruolo della minoranza. C’è un modo nuovo di essere minoranza.
Il compito della minoranza non è quello di battere i pugni sul tavolo e
dire «io esisto», «io ci sono». L’ambizione della
minoranza non è diventare maggioranza. Lo scopo non può essere quello di
allungare i tempi della discussione all’infinito perché non si arrivi mai alla
decisione. Non è quello di creare finte divisioni all’infinito per avere
visibilità sui giornali. Il compito della minoranza è quello di controllare e
verificare l’azione della maggioranza. Il compito della minoranza è quello di
proporre idee, avanzare proposte per portare il proprio Partito verso
l’apertura, la partecipazione, la trasparenza. Perché si è minoranza, non
opposizione. Non dimentichiamocelo mai. Per questo occorre lavorare insieme,
affinché i singoli punti di vista di ciascuno possano diventare una prospettiva
comune, uno sguardo condiviso verso il futuro. Bisogna restituire credibilità
alla politica, lavorando insieme nella costruzione di un percorso il più comune
possibile. Solo così nessuna sfida sarà impossibile.
M. L.
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