mercoledì 27 aprile 2016

La P.A. applichi i principi della gestione aziendale


Per troppo tempo il rapporto “amministrazione pubblica” e “principi economici aziendali” è stato considerato un obbrobrio, piuttosto che una naturale e storica realtà.
La causa di tale errata interpretazione dipende certamente dal cronico ritardo con cui le scienze economiche hanno concentrato gli studi nel settore della Pubblica amministrazione. In particolare, quella dell’Economia aziendale.
Eppure, già nel 1841, Villa, individuava due tipologie di amministrazione: pubblica e privata a cui si potevano applicare gli stessi metodi di gestione e contabilità. Nel 1922, con il Besta, si affrontavano i concetti di azienda di “produzione” e di “consumo”. Poi, nel 1986, Cerboni, riferendosi ai comini, alle province e allo Stato, parlava di “enti economici”.
Certo, nelle riflessioni storiche mancava una teoria chiara in grado di porre le amministrazioni pubbliche in un concetto unitario di azienda. Aspetto risolto nella definizione moderna di economia aziendale.
Secondo Zappa, “l’azienda è una coordinazione economica in atto, istituita e retta per il soddisfacimento dei bisogni umani”. Aziende in cui si colloca anche l’Amministrazione pubblica in cui il soddisfacimento dei bisogni avviene in maniera diretta (consumo). Per Onida, “l’azienda è un complesso economico posto in essere ed operante sistematicamente per il soddisfacimento, diretto o indiretto, dei bisogni umani”. Stessa cosa per Amaduzzi e Vianello. Quest’ultimo asserisce chiaramente che “l’azienda è una organizzazione di persone e di beni indispensabili per il raggiungimento del fine o dei fini di un ente”.
Oggi, l’Amministrazione pubblica, è definita come “azienda di erogazione composta”, ossia un’azienda avente la finalità di svolgere sia il processo di consumo, sia quello di produzione. Diverso il soggetto economico che nel caso dell’azienda pubblica è la collettività mentre in quella privata è un gruppo limitato di persone.
Quotidianamente, la Pubblica amministrazione, pone in essere atti di natura economica: produzione di beni e servizi, raccolta e trasferimento di mezzi finanziari a fini perequativi, sostegno alle imprese ed altro ancora. Persegue l’obiettivo dell’equilibrio economico. Sostanzialmente il riferimento, spesso con tono negativo, alla “aziendalizzazione” della Pubblica amministrazione è errato in quanto induce a pensare ad un processo di progressiva trasformazione che è invece nella sua natura.
Nel secondo dopoguerra, le esigenze di ricostruzione in senso lato, hanno reso necessario un ruolo eccezionale dello Stato. Bisognava creare un modello sociale, politico ed economico in grado di superare le anomalie del capitalismo senza cadere nelle profonde contraddizioni del socialismo reale. È così che si affermava un modello che, nel riconoscere il valore della libertà e della proprietà privata, gestiva direttamente in modo massiccio e diffuso funzioni che sarebbero dovute essere del mercato (non dello Stato e degli Enti periferici).
Piuttosto che limitarsi alla definizione delle regole, in nome del Welfare State, l’Italia ha applicato una tassazione crescente fino a divenire asfissiante. Con spirito dirigista ed interventista, ha promesso infruttuosamente di appagare direttamente gran parte dei bisogni sociali. La “macchina statale, ha raggiunto dimensioni abnormi ed insostenibili. Ha trasformato la funzione burocratica da “filtro” a impedimento, fino a perdere completamente il controllo. Da qui, lo sperpero di denaro pubblico e le logiche clientelari in un generalizzato sistema di irresponsabilità diffuse. Sono lievitati i costi e il debito pubblico, conseguentemente la pressione fiscale fino a determinare una spirale distruttiva.
Il compito della pubblica amministrazione è quello di operare, in modo coordinato e secondo un sistema unitario, perseguendo i principi ed i caratteri della gestione aziendali, assicurando efficacia ed efficienza dell’azione, senza sconfinare in funzioni che non le competono e che riguardano il mercato (a tutela dei cittadini).
Perciò, anche un Comune che vuole migliorare la funzione politico sociale, non deve sostituirsi agli operatori privati (spesso organizzati in associazioni di volontariato) anche perché non ne ha le competenze, ma deve limitarsi ad indirizzare e sostenere, lasciando  a questi la gestione. Allo stesso modo, per l’erogazione di altri servizi attraverso il più funzionale affidamento esterno. 

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