Non si può continuare ad affidare le soluzioni allo stesso
metodo che ha reiteratamente causato i problemi. Vale anche per il lavoro e la
sua stagnazione. In Italia 4 giovani su 10 non lavorano. Non va meglio per le
donne: solo il 40% lavora.
La causa è addebitabile alla burocrazia che ingessa il
mercato del lavoro: eccesso di contrattazione, rigidità, tasse e garanzie solo per
chi ha un lavoro e nessuna per i lavoratori autonomi e per coloro che un lavoro
non lo hanno.
Quindici anni fa, Marco Biagi, propose una soluzione chiara
e funzionale: abolire lo Statuto dei Lavoratori che tutela solo coloro che hanno
il lavoro, per introdurre lo Statuto dei Lavori. Una nuova formula per dare garanzie
minime a chiunque lavora: lavoratori dipendenti e autonomi, riconoscendo loro
la maternità, la malattia, la formazione e tempi certi per i pagamenti.
Inoltre, dopo aver introdotto lo Statuto dei Lavori, dovrà essere assicurato nelle
aziende - dove si genera ricchezza, sviluppo e crescita - un processo di
contrattazione specifico.
Spetta alla classe dirigente elaborare e attuare politiche
attive per il lavoro capaci di rispondere ad un sistema in continua trasformazione,
compresa la tutela dei lavoratori nei passaggi da un lavoro all’altro, sulla
formazione, sulle attitudini e sul merito. Favorire, attraverso le strutture
più moderne, l’incontro tra offerta e domanda di lavoro. Occorre ridurre il
cuneo fiscale affinché i lavoratori abbiano più soldi in tasca rispetto a
quanto pagano le aziende.
È necessario cambiare metodo e prospettiva: per crescere, c’è
bisogno di creare possibilità e potenzialità principalmente per i giovani. Allo
stesso modo, c’è bisogno di azioni concrete e lungimiranti territoriali,
affinché la specificità assuma un ruolo costruttivo contro le diffuse ipocrisie.
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