Le imprese italiane versano al fisco 101,1 miliardi di euro
l’anno: un carico di imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali da far
tremare i polsi.
Tra i principali paesi europei, solo l’Olanda (14,2 per
cento) registra una incidenza del prelievo fiscale riconducibile alle imprese
sul gettito fiscale totale superiore alla nostra (14,1 per cento). Con i nostri
principali competitor, invece, scontiamo dei differenziali molto preoccupanti;
tutti presentano un “sacrificio fiscale” nettamente inferiore al nostro. Sulle
aziende tedesche, ad esempio, grava un prelievo sul gettito totale del 12,3 per
cento, sulle spagnole dell’11,6 per cento, su quelle britanniche dell’11,4 per
cento e sulle francesi del 10,2 per cento.
«Sebbene alle nostre imprese sia
praticamente richiesto lo sforzo fiscale più oneroso d’Europa – dichiara il
coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – lo Stato italiano
continua a non agevolarne la crescita. Anzi. Ricordo, ad esempio, che il debito
commerciale della nostra Pubblica amministrazione nei confronti dei propri
fornitori è di 57 miliardi di euro, di cui una trentina ascrivibili ai ritardi
nei pagamenti. Il peso economico dell’inefficienza burocratica della macchina
pubblica sulle Pmi, invece, è di 31 miliardi e il deficit infrastrutturale, sia
materiale che immateriale, grava sul sistema produttivo per almeno 40 miliardi
di euro».
L’Ufficio studi della CGIA tiene inoltre a sottolineare che
la priorità del nostro Paese è la questione economica. I segnali di ripresa
registrati in questi ultimi 2 anni si stanno affievolendo e anche quest’anno la
nostra crescita sarà la più contenuta in tutta l’Ue. Per questo è necessario
intervenire quanto prima per abbassare le tasse, alleggerire l’oppressione
burocratica, accelerare i pagamenti della Pubblica amministrazione e tornare ad
investire.
In merito agli investimenti il Segretario della CGIA, Renato
Mason, afferma: «pur essendo uno strumento
intelligente, il piano 4.0, fortemente voluto dall’ex ministro Calenda, è stato
tarato sulle esigenze delle medie e delle grandi aziende. Non è un caso,
infatti, che fino ad ora la stragrande maggioranza degli incentivi sia stata
utilizzata da queste ultime. Le piccole, che sono la quasi totalità delle
imprese presenti nel paese, ne hanno usufruito in misura minore. Pertanto, è
necessario coinvolgerle maggiormente e nella rivoluzione digitale che dovremo
affrontare nei prossimi anni dovranno essere interessate anche la Pubblica amministrazione,
la scuola e le maestranze. Questa sfida si vince se, tutti assieme, saremo in
grado di fare squadra, giocando questa partita con la consapevolezza che chi
rimarrà indietro avrà poche possibilità di stare al passo con le principali
potenze economiche del mondo».
Oltre ad avere un peso fiscale in Italia che rimane tra i
più elevati tra i paesi più avanzati, la CGIA ricorda che è altrettanto
inaccettabile che il grado di complessità raggiunto dal fisco scoraggi la
libera iniziativa e la voglia di fare impresa. Inoltre, gli artigiani mestrini
tengono a precisare che non è nemmeno più rinviabile una riflessione sull’assetto
della Magistratura giudiziaria.
«Il nostro sistema fiscale –
conclude Zabeo - è costituito da 3 attori: il legislatore, l’Amministrazione
finanziaria e la giustizia tributaria. Ad ognuno di questi soggetti la
Costituzione conferisce una funzione e non è ammessa alcuna sovrapposizione di
ruoli. Le Commissioni tributarie, però, si avvalgono della struttura
organizzativa ed economica del Ministero dell’Economia e delle Finanze a cui
appartiene anche l’Agenzia delle Entrate che è la controparte del contribuente.
Ora, nessuno mette in discussione l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici
tributari, ci mancherebbe, sta di fatto che il problema esiste e nel
contenzioso giuridico tra fisco e contribuente lo squilibrio c’è e, purtroppo,
è a svantaggio di quest’ultimo».
Ritornando ai dati,
la CGIA fa presente che l’incidenza percentuale delle tasse pagate dalle
imprese sul totale del gettito fiscale è un indicatore che aiuta a comprendere
l’elevato livello di tassazione a cui sono sottoposte le aziende. Si tenga
presente che le imposte italiane considerate in questa analisi su dati Eurostat
sono: l’Irap, l’Ires, la quota dell’Irpef in capo ai lavoratori autonomi, le
ritenute sui dividendi e sugli interessi, le imposte da capital gain e i contributi previdenziali pagati dai lavoratori
autonomi per la propria posizione previdenziale.
(Ufficio Studi CGIa –
Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre)
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