Che gli immigrati, intra ed extra UE presentino i medesimi
tassi di occupazione degli italiani ma che guadagnino meno a parità di mansione
e titolo di studio lo rende noto anche il secondo rapporto annuale “Immigrant
Integration in Europe and Italy” dell’Osservatorio sulle Migrazioni Centro
Studi Luca d’Agliano di Milano e del Collegio Carlo Alberto di Torino, che
utilizza i dati dell’ultima edizione della European Labour Force Survey (2016).
Fra la popolazione compresa tra i 25 e i 64 i tassi di occupazione in Italia
sono grosso modo gli stessi: nel 2017 è occupato il 65% dei nativi e il 64%
degli immigrati. Una situazione tutto sommato positiva rispetto alla media
dell’Unione Europea, dove gli immigrati hanno un tasso di occupazione di 7,2
punti percentuali inferiore a quella dei nativi.
Il divario occupazionale rispetto ai nativi è specialmente
ampio nei paesi del nord e del centro Europa, come Olanda e Svezia (-17 punti
percentuali), Germania (-16 p.p) o Francia (-15 p.p.), mentre tende a essere
inferiore nei paesi del sud d’Europa come l’Italia (-0.7 p.p.).
Vanno precisati tuttavia due aspetti: primo, che l’Italia ha
uno dei tassi di occupazione dei nativi più bassi all’interno dei paesi UE,
per cui gli immigrati non hanno una probabilità di occupazione elevata in
termini assoluti, ma solo rispetto ai nativi. Secondo, che tra il 2009 e il
2017, la probabilità di occupazione dei nativi è cresciuta di 1.5 punti
percentuali, mente è diminuita di circa quattro punti percentuali per gli
immigrati.
Complessivamente in Italia fra il 2009 e il 2017, il numero
di immigrati residenti è passato da 4,5 a 5,9 milioni, cioè un aumento del
30.9% e la grande maggioranza degli immigrati è residente in Italia più di
cinque anni. Oggi i nati all’estero rappresentano quasi il 10% della
popolazione italiana, contro il 13,3% di Italia e Regno Unito e l’11,3% della
Francia. Più della metà di loro proviene da un altro paese Europeo (EU e non) e
il 21% da paesi europei fuori dall’UE.
Ovviamente, non si può parlare genericamente di “immigrati”,
ma è necessario distinguere le diverse situazioni. Il rapporto separa per
esempio gli immigrati provenienti dall’Unione Europea, da quelli provenienti
dai paesi europei non UE (per esempio l’Albania, la Serbia, la Bielorussia e
l’Ucraina) e da quelli fuori Europa. Ebbene, a ben vedere sono gli immigrati
dei paesi UE-15 a mostrare il tasso di occupazione più basso, mentre gli
immigrati dei paesi dell’est Europa (UE) hanno quello più alto.
Ma soprattutto, sono le donne ad abbassare la statistica
dell’occupazione degli stranieri in Italia. Gli uomini immigrati hanno una
probabilità di occupazione di 3 punti percentuali superiore a quella dei
nativi, principalmente grazie alla loro residenza in regioni italiane con
mercati del lavoro più forti. Al contrario, le donne immigrate hanno una
probabilità di impiego di 2,4 punti percentuali inferiore a quella delle donne
native.
Le differenze fra nativi e non riguardano i salari: in media
nel 2017, i redditi netti mensili degli immigrati sono inferiori del 26%
rispetto a quelli dei nativi e più della metà del divario salariale degli
immigrati è dovuto a differenze nella distribuzione occupazionale e nella
frequenza del lavoro part-time tra immigrati e nativi. Nel 2017 salario medio
netto dei nativi è di 1392,4 euro, quello degli stranieri provenienti dai paesi
UE anche maggiore -1423,7 euro – quello degli immigrati provenienti dai nuovi
paesi UE 1015,8 euro, e 1060,9 euro quello dei migranti extra- UE.
Ma soprattutto, questa forbice salariale diminuisce col
passare degli anni di residenza, ma è andata complessivamente ampliandosi nel
tempo. Nel 2017, in media gli immigrati guadagnano circa il 19% in meno di
nativi con le loro stesse caratteristiche e a parità di occupazione, mentre
nel 2009, il divario era del 6%. Si passa da un iniziale 40% di gap salariale
fra nativi e immigrati a circa 20% dopo 20 anni dall’arrivo nel paese, ma a più
velocità: gli immigrati dell’Europa occidentale hanno in media gli stessi salari
dei nativi. Gli immigrati dei paesi UE dell’est hanno il divario salariale
maggiore rispetto ai nativi (-33%), seguito da quello degli immigrati
extra-comunitari (-28%).
Infine, non si può non nominare il gender-gap: il divario
salariale totale fra nativi e immigrati è maggiore per le donne immigrate (31%
di differenza con le native) che per gli uomini (22% di differenza).
Cristina Da Rold
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