domenica 1 luglio 2018

IL MONDO NON GUARISCE CON L'IPOCRISIA





Arrivano ogni giorno in centinaia, aspettano d’imbarcarsi in migliaia, aspirano a venire qui in milioni, e forse, alla lunga miliardi. Perché se non ci sono frontiere, se ciascuno è libero di andare a vivere dove vuole e dove sta meglio, è normale che i miliardi di poveri, affamati, profughi d’Africa, d’Asia e dell’infinito Sud del mondo, vogliano vivere nei paesi benestanti. Ma il piccolo potrà mai contenere il grande? Ma il minimo che vive al massimo potrà mai caricarsi del massimo che vive al minimo? Se dividi la ricchezza, spartisci solo povertà. Perché un conto è dividerla per due come fece san Martino col suo mantello spartito con un mendicante; un altro è dividerlo in cento. Con un fazzoletto a testa non ripari nessuno dal freddo.

Trovo irresponsabile, barbaro e delinquenziale, stabilire il principio dell’accoglienza come fondamento etico dell’Italia, dell’Europa, dell’Occidente. Piuttosto è il loro affondamento. E invece accendi la tv e ti somministrano sei volte al dì la Pappa del cuore, con la faccia di Bergoglio, di Mattarella, addirittura di Macron (il più cinico), più la solita mucillagine della sinistra spappolata. Trasformando l’impulso nobile e quasi spontaneo di aiutare chi sta male in sistema universale e legge d’accoglienza, si criminalizza chi vede con realismo il dramma dell’invasione, della sostituzione e dell’alienazione. Non è solo questione, pur rispettabile, di paura.

La tv, i media, le sinistre sparse, ti pongono solo casi personali, ti fanno vedere un bambino, una faccia, una mano tesa e ti dicono: e tu non vuoi dargli una mano? Ma certo che vuoi aiutarlo, ti guarda con quegli occhi, è una persona, non vedi che ha bisogno? Il problema è che dà un’immagine singola, da un impulso emotivo, da una faccia e una mano tesa, non puoi passare a una massa infinita di persone e a un’apertura incondizionata ai flussi. Così si sfascia una civiltà, si riduce un paese in un campo profughi, una nazione in un corridoio umanitario, si rende invivibile ed estranea una città ai suoi abitanti.

Ogni spazio pubblico, ogni mezzo pubblico, ogni presidio sanitario è invaso da loro, sono in vistosa maggioranza, anche se nei numeri assoluti sono ancora una minoranza. E l’italiano, quando non è al lavoro, è a casa, in auto, si barrica nella vita privata, ultimo rifugio per salvaguardare la propria vita nel proprio habitat.

Si può giudicare una bestia senza cuore chi solleva questo dramma, chi vede negli occhi della gente il disagio di sentirsi estranei a casa propria, lo spaesamento, l’angoscia, la perdita di identità, chi facilmente prevede l’impossibilità di caricarsi dell’onere di milioni di senzatetto, senzavitto, senzalavoro, senzassistenza, senzadonna, e via dicendo? Quanti conflitti sociali in vista, quante guerre tra etnie, quanti quartieri monopolizzati, quanta manovalanza di disperati per la criminalità, quanti potenziali scontenti e frustrati che passeranno al terrorismo e all’odio per chi li accolse.

Ma come si dovrebbe reagire? Per esempio frenando e scoraggiando i flussi, mostrandosi indisponibili ad accoglierli, inviando precisi messaggi. Stoppando ogni soccorso che non sia governativo. Fermandoli a casa loro, stipulando accordi e piani di aiuti mirati in loco. Filtrando gli ingressi, adottando numeri programmati, suddivisi con altri paesi. Accogliendo solo chi accetta le regole basilari: rispetta le nostre leggi, i nostri valori e si rende identificabile e reperibile; indossa braccialetti elettronici per farsi controllare in quanto arrivati senza permesso di soggiorno e soggiornanti senza mezzi di sussistenza né conoscenza della lingua (se non si accetta questa limitazione dei diritti, che si torni a godere della libertà e dei diritti nei paesi d’origine); si accorda loro un semestre per cercare lavoro, istituendo centri di sostegno, smistamento e formazione; dopodiché se non c’è lavoro si procede al rimpatrio. Un paese non può permettersi torme di vaganti, branchi di disoccupati a suo carico o a disposizione della malavita organizzata.

Per tutto questo ci vuole un paese unito, organizzato, capace di strategia e di vedere lontano e accordarsi con altri paesi. Viceversa, chi vuol aprire all’accoglienza incondizionata, non si trinceri dietro la faccia di un bambino o la mano di un immigrato (che però nessuno adotta a casa sua, sia il cittadino umanitario che un papa o un presidente, non solo francese) ma abbia il coraggio di abbracciare per intero il proposito e le sue conseguenze: facciamola finita con l’Italia e gli italiani, con l’Europa e gli europei, facciamola finita con la nostra civiltà.

Vista la crescita spaventosa della popolazione mondiale, e la nostra decrescita, continuate pure a procreare e a venire qui a volontà, è vostro desiderio, dunque è vostro diritto, fino a che il mondo scoppierà. Così l’umanità finirà per troppa umanità, in tutti i sensi.

MV, Il Tempo 28 giugno 2018

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