sabato 19 luglio 2014

Assemini, una città senza traiettoria


“Assemini è sempre stata legata al cordone ombelicale regionale che a sua volta è legata a quella del Governo italiano che a sua volta preferisce nascondersi nel torpore europeo.
Qual è il progetto che l’attuale classe dirigente ha in testa per far crescere la Sardegna? Quale è stato il progetto che fino ad ora hanno elaborato e seguito gli amministratori comunali? Domanda che continuano a rimanere inevase perché non esiste alcun progetto. Contemporaneamente l’Isola continua ad arretrare, Assemini pure, amplificando i drammi individuali e sociali della crisi generale.
Ogni cinque anni si lancia un’alternativa partitica, un’alleanza più o meno amalgamata che si impone mediaticamente all’elettore con programmi in troppi casi disarticolati ed aleatori. La parola “sistema” continua a rimanere lettera morta e la parola “progetto” un sogno. Come se la politica potesse davvero essere ricondotta in una sterile e fredda offerta promozionale. Si analizzano i punti di saturazione e si rilancia lo stesso prodotto con nuovi simboli colorati e denominazioni populiste. Quando la crisi economica imperversa, mancano le risorse finanziarie per superare i ritardi infrastrutturali e per avviare doverosi percorsi socioculturali. Conseguentemente, a mancare, è anche il conseguente ottimismo sociale. Allo stesso modo, se la politica diventa anch’essa un prodotto, entra in crisi quando a mancare è la fiducia, da intendersi quale principale mezzo di scambio.
Come emerge dal 19esimo rapporto Crenos, il centro di ricerca dell’Università di Cagliari e Sassari, la Sardegna non è competitiva. Ciò dipende principalmente: ‹‹dalla carenza di infrastrutture, da una scarsa propensione all’innovazione e da una bassa dotazione di capitale umano››. Anche il turismo stenta ad assumere un ruolo centrale nelle prospettive di sviluppo. ‹‹Diminuiscono gli arrivi e le presenze, con previsioni di ulteriore contrazione dei flussi››. Ciò non può ridursi ad una mera analisi macroeconomica, ma deve essere recepita dalla classe dirigente per attuare un progetto articolato ed inclusivo. Chi paga il costo della superficialità sono i disoccupati, principalmente giovani, ed i precari. ‹‹Il livello di guardia è stato abbondantemente superato››. Non è ammissibile che la nostra Terra sia ancora in parte sconosciuta. Non è giustificabile che dopo oltre sessant’anni di autonomia, la Sardegna, come la sardità, non trovino univoca identificazione. Non è ragionevole che il suo sviluppo debba ancora dipendere dalle sempre più disinvolte richieste di assistenza istituzionale e dal crescente asservimento indotto dei fattori della produzione. Dobbiamo imparare a scegliere per crescere; dobbiamo imparare a rendere le nostre città elementi propulsivi sia in ordine orizzontale, sia verticale”. 

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