“Assemini è sempre stata legata al cordone ombelicale
regionale che a sua volta è legata a quella del Governo italiano che a sua
volta preferisce nascondersi nel torpore europeo.
Qual è il progetto che l’attuale classe dirigente ha in
testa per far crescere la
Sardegna ? Quale è stato il progetto che fino ad ora hanno
elaborato e seguito gli amministratori comunali? Domanda che continuano a
rimanere inevase perché non esiste alcun progetto. Contemporaneamente l’Isola
continua ad arretrare, Assemini pure, amplificando i drammi individuali e
sociali della crisi generale.
Ogni cinque anni si lancia un’alternativa partitica,
un’alleanza più o meno amalgamata che si impone mediaticamente all’elettore con
programmi in troppi casi disarticolati ed aleatori. La parola “sistema”
continua a rimanere lettera morta e la parola “progetto” un sogno. Come se la
politica potesse davvero essere ricondotta in una sterile e fredda offerta
promozionale. Si analizzano i punti di saturazione e si rilancia lo stesso
prodotto con nuovi simboli colorati e denominazioni populiste. Quando la crisi
economica imperversa, mancano le risorse finanziarie per superare i ritardi
infrastrutturali e per avviare doverosi percorsi socioculturali. Conseguentemente,
a mancare, è anche il conseguente ottimismo sociale. Allo stesso modo, se la
politica diventa anch’essa un prodotto, entra in crisi quando a mancare è la
fiducia, da intendersi quale principale mezzo di scambio.
Come emerge dal 19esimo rapporto Crenos, il centro di
ricerca dell’Università di Cagliari e Sassari, la Sardegna non è
competitiva. Ciò dipende principalmente: ‹‹dalla carenza di
infrastrutture, da una scarsa propensione all’innovazione e da una bassa
dotazione di capitale umano››. Anche il turismo stenta ad assumere un ruolo
centrale nelle prospettive di sviluppo. ‹‹Diminuiscono gli arrivi e le
presenze, con previsioni di ulteriore contrazione dei flussi››. Ciò
non può ridursi ad una mera analisi macroeconomica, ma deve essere recepita
dalla classe dirigente per attuare un progetto articolato ed inclusivo. Chi
paga il costo della superficialità sono i disoccupati, principalmente giovani,
ed i precari. ‹‹Il
livello di guardia è stato abbondantemente superato››. Non è ammissibile che
la nostra Terra sia ancora in parte sconosciuta. Non è giustificabile che dopo
oltre sessant’anni di autonomia, la
Sardegna , come la sardità, non trovino univoca
identificazione. Non è ragionevole che il suo sviluppo debba ancora dipendere
dalle sempre più disinvolte richieste di assistenza istituzionale e dal
crescente asservimento indotto dei fattori della produzione. Dobbiamo imparare
a scegliere per crescere; dobbiamo imparare a rendere le nostre città elementi
propulsivi sia in ordine orizzontale, sia verticale”.
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