«Non si può che asserire che è in
atto un crescente mutamento culturale. L’indignazione è figlia di coloro che
vogliono partecipare al cambiamento, contro la degenerazione della politica.
Genitori e figli agiscono maturando una coscienza cognitiva. Essi stanno
rompendo gli argini generazionali e rappresentano una fascia enorme d’individui
altrimenti destinati alla marginalità sociale. La gente chiede lavoro, cura
degli anziani, investimento sui giovani e sulla sicurezza. L’indignazione è
presupposto per affermare un riscatto identitario in grado di affermare
un’Italia dei popoli in una Europa delle specialità; una Sardegna sovrana in
una Italia Federale. Assemini (come tutte le città) deve imparare a ragionare secondo un nuovo
modello: “endogeno”.
La mancanza di fiducia verso la politica ha logorato il
senso civico nonché la disponibilità a cooperare per migliorare le nostre
città. Essa è anche la conseguenza dell’opacità dietro la quale si nascondono, in molti casi, troppi amministratori e troppi responsabili politici. Una cortina nebbiogena
innalzata per non rendere conto del proprio operato ampiamente clientelare, che
favorisce i furbi e relega gli onesti in uno stato di subalternità. La
conseguente bassa efficienza e improduttività della spesa pubblica, creano ed
alimentano una rete dissipativa che ci trattiene in uno stato d’ibernazione.
Ciò che i cittadini contestano è il modo irresponsabile ed indecoroso con cui è
stata trattata la questione sociale e lo sviluppo. Irresponsabile perché i
cittadini sono stati considerati soggetti incapaci. Indecoroso, perché
l’inadeguatezza di una classe dirigente ampiamente insensibile ed
autoreferenziale non ha prodotto proposte evidentemente serie e coerenti. I
cittadini stanno assolvendo un dovere: costruire ulteriori e nuove “istituzioni
sociali” oltre le ideologie classiche. Chiedono trasparenza perché credono
nella responsabilità e nel merito. Così facendo, gli indignati, pongono le basi
per superare la sindrome d’impotenza indotta; combattono il “familismo radicato
ed amorale”. È necessario che la politica ascolti la piazza e torni tra la gente
con azioni fattive rivolte al “bene comune”. Le città sono l'elemento cardine da cui ripartire».
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