domenica 27 luglio 2014

Obiettori di coscienza per accompagnare il cambiamento.


«La politica non è una parolaccia. È lo strumento che rende duraturi i cambiamenti, nel bene o nel male. Spetta a noi scegliere da che parte stare o se costruire attivamente nuovi percorsi. Dalla nostra scelta dipenderà il futuro di tutti. Convivere e condividere produce azione politica, ossia reazione all’indignazione: la vera rivoluzione. La solidarietà virtuale è nobile, ma non produce cambiamento. Essa è comodità in un modo malato che invoca giustizia e sviluppo, concretezza. La parola democrazia deve ritrovare il suo significato etimologico e passionale, espressione convinta di libertà e giustizia. Le negatività del nostro tempo sono fenomeni umani. Il cambiamento non potrà che dipendere dal prevalere di una umanità evoluta, educata, formata. Nessun genitore dovrà permettersi il lusso di giustificare o rassegnarsi alle storture del nostro tempo. Al contrario dovrà alimentare con coraggio il senso di rispetto della dignità umana con valutazioni e scelte appropriate. La confusione del potere con le responsabilità genera orrori. Chi alimenta questa stortura è complice di un sistema marcio e contaminante di cui gli stessi figli saranno prigionieri innocenti.
Non dobbiamo solo delegare, ma appropriarci del nostro ruolo, delle nostre responsabilità. Bisogna unire le forze, ragionare in un’ottica di nuovo sistema. Bisogna impedire il prevalere di personalismi per facilitare un nuovo ordine collettivo. Bisogna superare le logiche partitiche sterili e condividere, con i giusti, percorsi comuni verso il bene. Nessuno deve rinunciare alla propria identità, ma deve imparare ad ascoltare rafforzando l’obiezione di coscienza contro un modus operandi improduttivo e devastante. Bisogna governare senza vendette. Queste escludono la collegialità, riportando tutto al personalismo. Governare significa esercitare il potere. Non esiste un potere buono, perciò deve essere almeno responsabile, condiviso, trasparente e partecipato. La strada non è l’autogestione, ma la capacità di essere pienamente rappresentativi attraverso le scelte. Vuol dire essere inclusivi per avere la forza di annientare le storture ed i loro strumenti personali e materiali. Significa favorire l’organizzazione, la progettualità e la conseguente applicazione dei programmi. Il rispetto degli stessi. Significa favorire nuove organizzazioni sociali che amplifichino la democrazia sostanziale. La partitocrazia punta principalmente al consenso, all’arrivismo amministrativo, al potere, alla spartizione. Essa vive in un altro mondo. Il protagonismo civico punta solo al cambiamento. Del resto, nulla di diverso sarebbe possibile. Le storture partitocratiche ricadono sui cittadini, alimentate dal personalismo, dall’avidità, dalla frustrazione. La partecipazione sociale è una doverosa ed imprescindibile conseguenza.

Non dobbiamo accettare il “meno peggio”, ma costruire alternative con la conoscenza, con l’abnegazione e l’impegno civico. L’efficacia della decisione è tanto maggiore, quanto essa è espressione della sovranità popolare. Ogni scempio davanti ai nostri occhi è il risultato di azioni sbagliate o, peggio, dell’indifferenza. La libertà non la regala nessuno, essa è una conquista che va mantenuta. La libertà è condizionata non assoluta. Essa è rispettabile nel momento in cui non invade l’esercizio di quella altrui.  Autodeterminarsi significa esercitare la sovranità nel rispetto del più grande valore aggiunto esistente: l’identità, le differenze, le diversità. Questo ci differenzia dalla meccanica, infatti sono i metodi e gli strumenti che vanno forgiati contro la bestialità, l’opportunismo e la discriminazione».

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