«La politica non è una parolaccia.
È lo strumento che rende duraturi i cambiamenti, nel bene o nel male. Spetta a
noi scegliere da che parte stare o se costruire attivamente nuovi percorsi.
Dalla nostra scelta dipenderà il futuro di tutti. Convivere e condividere
produce azione politica, ossia reazione all’indignazione: la vera rivoluzione.
La solidarietà virtuale è nobile, ma non produce cambiamento. Essa è comodità
in un modo malato che invoca giustizia e sviluppo, concretezza. La parola
democrazia deve ritrovare il suo significato etimologico e passionale,
espressione convinta di libertà e giustizia. Le negatività del nostro tempo
sono fenomeni umani. Il cambiamento non potrà che dipendere dal prevalere di
una umanità evoluta, educata, formata. Nessun genitore dovrà permettersi il
lusso di giustificare o rassegnarsi alle storture del nostro tempo. Al
contrario dovrà alimentare con coraggio il senso di rispetto della dignità
umana con valutazioni e scelte appropriate. La confusione del potere con le
responsabilità genera orrori. Chi alimenta questa stortura è complice di un
sistema marcio e contaminante di cui gli stessi figli saranno prigionieri
innocenti.
Non dobbiamo solo delegare, ma appropriarci del nostro
ruolo, delle nostre responsabilità. Bisogna unire le forze, ragionare in
un’ottica di nuovo sistema. Bisogna impedire il prevalere di personalismi per
facilitare un nuovo ordine collettivo. Bisogna superare le logiche partitiche sterili
e condividere, con i giusti, percorsi comuni verso il bene. Nessuno deve
rinunciare alla propria identità, ma deve imparare ad ascoltare rafforzando
l’obiezione di coscienza contro un modus operandi improduttivo e devastante. Bisogna
governare senza vendette. Queste escludono la collegialità, riportando tutto al
personalismo. Governare significa esercitare il potere. Non esiste un potere
buono, perciò deve essere almeno responsabile, condiviso, trasparente e
partecipato. La strada non è l’autogestione, ma la capacità di essere
pienamente rappresentativi attraverso le scelte. Vuol dire essere inclusivi per
avere la forza di annientare le storture ed i loro strumenti personali e
materiali. Significa favorire l’organizzazione, la progettualità e la
conseguente applicazione dei programmi. Il rispetto degli stessi. Significa
favorire nuove organizzazioni sociali che amplifichino la democrazia
sostanziale. La partitocrazia punta principalmente al consenso, all’arrivismo
amministrativo, al potere, alla spartizione. Essa vive in un altro mondo. Il
protagonismo civico punta solo al cambiamento. Del resto, nulla di diverso sarebbe
possibile. Le storture partitocratiche ricadono sui cittadini, alimentate dal
personalismo, dall’avidità, dalla frustrazione. La partecipazione sociale è una
doverosa ed imprescindibile conseguenza.
Non dobbiamo accettare il “meno peggio”, ma costruire
alternative con la conoscenza, con l’abnegazione e l’impegno civico.
L’efficacia della decisione è tanto maggiore, quanto essa è espressione della
sovranità popolare. Ogni scempio davanti ai nostri occhi è il risultato di
azioni sbagliate o, peggio, dell’indifferenza. La libertà non la regala
nessuno, essa è una conquista che va mantenuta. La libertà è condizionata non
assoluta. Essa è rispettabile nel momento in cui non invade l’esercizio di
quella altrui. Autodeterminarsi
significa esercitare la sovranità nel rispetto del più grande valore aggiunto
esistente: l’identità, le differenze, le diversità. Questo ci differenzia dalla
meccanica, infatti sono i metodi e gli strumenti che vanno forgiati contro la bestialità,
l’opportunismo e la discriminazione».
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