lunedì 21 luglio 2014

La Città non è un feudo del pianto



«I giovani e gli anziani devono imparare ad unirsi per rivendicare un ruolo attivo della Regione sarda e degli Enti locali che continuano ad apparire largamente non udenti, distratti dai loro stessi privilegi e dai loro stessi convincimenti. La politica regionale, delle provincie e di molti comuni è ferma. La Sardegna deve uscire con coscienza dal pantano culturale. Deve trovare la strada per guardare oltre, rispolverando il vecchio orgoglio e creando essa stessa le occasioni di crescita e di sviluppo. La regione e gli enti locali non sono istituzioni astratte, tantomeno succursali passive delle elargizioni del “benefattore” di turno. Non esiste alcuna “mano invisibile” che aggiusta tutto, esiste un mercato che va coniugato con le esigenze sociali.
La politica sarda deve essere capace di superare i ritardi infrastrutturali per creare alternative, superando la sindrome d’impotenza. Nulla di ciò che accade è riconducibile al caso, ma alle nostre azioni o alle nostre omissioni. Il Governo italiano potrà anche rimettere in moto la macchina Italia, ma non vi sarà mai un automatico accrescimento del nostro benessere. Questo sarà solo il risultato della capacità della nostra classe politica di trasformare opportunità in concretezze.

I politici devono guardarsi attorno per comprendere le ragioni che li separano dalla gente. Devono accettare gli insuccessi ed i motivi che li hanno indotti. Non devono chiedere unità, perché questa è già in atto, contro chi non ha capito che deve amministrare nell’interesse comune. Le città non sono feudi del pianto, ma gli elementi da cui sprigionare il cambiamento. Il cittadino, nonostante l’inconcludente risultato della classe dirigente, ha il dovere di non scoraggiarsi, bensì di affermare la necessità di una comunità politica inclusiva e costruttiva, che faccia perno sul plusvalore della nostra specificità e sui bisogni sociali. È necessario che i sardi accantonino per sempre il disastroso individualismo per maturare la capacità di fare sistema all’interno di una grande intesa della Nazione sarda dentro e fuori le istituzioni. Assemini deve essere amata e modellata come se fosse una piccola nazione aperta e sistemica. I risultati positivi devono diventare contagiosi».

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