«Continuiamo a subire una
globalizzazione che ci induce a usare il territorio come uno spazio unico, in
cui le risorse locali sono solo beni da trasformare per il consumo, trascurando
la sostenibilità socio-ambientale. Le specificità territoriali, ambientali,
culturali ed umane sono superate dal prevalere del concetto di consumo rispetto
alla produzione. Questa omologazione va superata con un nuovo progetto
culturale che valorizzi le identità, attraverso la promozione di processi di
“autonomia cosciente e responsabile”. Lo sviluppo deve identificarsi con la
crescita delle reti civiche e della cooperazione, puntando su una forma di
globalizzazione dal basso che non sia gerarchica, ma solidale. I comuni,
attraverso l’assunzione concreta delle proprie funzioni dirette di governo,
dovranno essere il punto di partenza di un nuovo processo economico, attivando
comportamenti attivi in cui trasparenza e partecipazione siano elementi
trainanti di nuove espressioni di esercizio della democrazia. Solo così si
potrà consentire l’impianto di nuove forme d’impresa integrate e capaci di
prendersi cura dell’ambiente.
Le politiche attendiste e centraliste sono infruttuose. La
realizzazione di “nuovi istituti di decisione” consentirà un “nuovo disegno di
futuro” localmente condiviso e sostenuto. I nuovi attori del domani sono i
cittadini nelle loro articolazioni sociali e nell’esercizio delle loro funzioni
quotidiane; con le loro professionalità ed esperienze. Produrre “nuovi scenari
sociali” significa anche attuare “nuove relazioni tra popoli e culture
diverse”. Le politiche settoriali vanno superate per guardare al progresso con
un nuovo approccio di “gestione integrata” auto-sostenibile. Spetta ad
Assemini, come ad ogni altro comune, decidere cosa, come, quando e dove
produrre per creare “valore aggiunto locale” senza trascurare la biodiversità.
La “valorizzazione territoriale è indivisibile”, non si possono salvaguardare
alcuni aspetti, trascurandone altri».
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